Mini-Ires, inventario da integrare con i movimenti della riserva di utili
Il comma 33, articolo 1, della legge 145/2018 prevede l’estensione della mini Ires/Irpef anche ai soggetti in contabilità semplificata, rappresentando la vera e propria novità di questa agevolazione. Infatti la mini Irpef rappresenta un nuovo strumento che ha sostituito un’agevolazione - quale l’Ace - che per i soggetti in contabilità semplificata non era fruibile. Il calcolo dell’agevolazione deve tenere conto di tre variabili che incidono sulla sua quantificazione, vale a dire:
● investimenti effettuati;
● costo del personale assunto;
● riserva di utili derivanti dalla destinazione del risultato d’esercizio.
In particolare, nell’ambito proprio delle imprese in contabilità semplificata quest’ultima variabile non risulta di facile identificazione (come richiederebbe la normativa), oltre al fatto che questa riserva debba anche essere monitorata. A tal fine, la norma prevede che rispetto al monitoraggio della riserva di utili sia necessario integrare l’inventario (civilisticamente inteso) con un prospetto che consenta di verificare sia la destinazione dell’utile d’esercizio a riserva, sia anche “le vicende successive” della riserva stessa. L’adempimento richiesto non è di facile attuazione applicativa poiché entrambe le condizioni non sono così intuitive.
È di immediata evidenza che il contribuente in contabilità semplificata dovrà certamente ottemperare alla redazione dell’inventario che non sempre nelle imprese minori viene elaborato. Non ci soffermiamo sull’obbligatorietà ma sulla problematica legata alla vigenza per le imprese in contabilità semplificata di dover calcolare il reddito imponibile facendo ricorso al principio di cassa. Ecco quindi che in attesa delle auspicate conferme da parte dell’Agenzia, sia necessario effettuare talune considerazioni. Innanzitutto ai fini interpretativi, per ratio legislativa, è necessario equiparare il risultato d’esercizio con il reddito imponibile Irpef che per trasparenza si trasmette ai soci delle società di persone o all’imprenditore individuale. Tuttavia, adottando il principio di determinazione del reddito imponibile per cassa, sorgerà il problema - in sede di redazione dell’inventario ex articolo 2217 del Codice civile - di verificare se quel valore sia compatibile in termini “quantitativi” con la differenza fra gli elementi attivi e passivi trascritti nell’inventario civilistico.
Potrebbero quindi prospettarsi tre situazioni:
1) nel primo caso, il reddito imponibile potrebbe avere un valore maggiore rispetto alla sommatoria degli elementi attivi nettati di quelli passivi. In questa ipotesi avremmo un utile inferiore al reddito imponibile fiscale;
2) nel caso opposto (cioè qualora il reddito imponibile sia inferiore al differenziale fra le attività e le passività) avremo un utile civilistico superiore al reddito imponibile;
3) infine si potrebbe avere una situazione (quanto mai auspicabile) di perfetta identità fra l’utile d’esercizio e il reddito imponibile.
A fronte di questa difficoltà, si renderà necessario determinare quale parte del risultato sia destinato a riserva, sul quale poi calcolare l’agevolazione. È necessario riportare questi differenziali nel prospetto da redigere applicando quanto previsto dai commi 30 e 32 dell’articolo 1 in commento, che prevede un meccanismo di recapture sulle parti non utilizzate. Inutile nascondere quindi che la redazione in modo corretto e puntuale dell’inventario sia indispensabile per determinare in modo esatto l’agevolazione in questione, con un’attenzione particolare anche ai prelievi dell’utile/reddito da parte dei soci/imprenditori delle imprese in contabilità semplificata.