Imposte

Monitoraggio sulle azioni proprie

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di Giorgio Gavelli e Fabio Giommoni

Le modifiche alla rilevazione contabile delle azioni proprie hanno effetto immediato anche sotto l’aspetto fiscale, in questo caso rappresentato solo dall’Ires, dal momento che eventuali plus e minusvalenze sono irrilevanti ai fini Irap per tutte le imprese non finanziarie.

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Nella versione precedente dell’articolo 2357-ter, comma 3, del Codice Civile, a fronte della rilevazione delle azioni proprie nell’attivo per il prezzo di acquisto, vi era l’obbligo di accantonare nel patrimonio netto una apposita riserva, indisponibile, di pari importo. Con il Dlgs 139/2015, invece, si procede alla riduzione diretta del patrimonio netto, tramite l’iscrizione di una riserva di segno negativo (nuova voce A.X – «Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio»). Secondo la massima 145/2016 del Consiglio notarile di Milano, comunque, il vincolo sulle riserve disponibili permane e va riportato in nota integrativa.

La relazione illustrativa all’articolo 13-bis del Dl 244/2016 (istitutivo del principio di “derivazione rafforzata” per i soggetti non Ias) ha precisato che «sono fiscalmente riconosciute le rappresentazioni di bilancio fondate sul principio della prevalenze della sostanza sulla forma, come declinato dai singoli principi contabili». Nello specifico, pertanto, viene riconosciuto il trattamento contabile delle operazioni di acquisto e cessione di azioni proprie e, in particolare, «la qualificazione patrimoniale dell’operazione stessa in capo all’emittente». Sempre secondo la relazione, l’acquisto di azioni proprie «realizza, di fatto, una restituzione di conferimenti ai soci, con effetti in termini di riduzione del patrimonio sociale».

Il legislatore si è mosso in parallelo con quanto a suo tempo previsto per i soggetti Ias (circolare 7/E/2011), per cui eventuali differenze emergenti, ad esempio, in sede di rivendita delle azioni proprie sul mercato determinano mutamenti patrimoniali e non influenzano né il risultato economico di esercizio né, di conseguenza, il reddito imponibile. Peraltro, allo stesso risultato si giunge esaminando l’articolo 3, comma 3, del decreto 48/2009, applicabile ai soggetti Oic per effetto del Dm 3 agosto 2017.

Restano tuttavia due problemi da risolvere in via interpretativa. Il primo riguarda le azioni proprie già detenute al momento del passaggio ai “nuovi Oic” (generalmente al 1° gennaio 2016), nei confronti delle quali occorre valutare l’eventuale applicabilità del regime transitorio di cui al comma 5 dell’articolo 13-bis del Dl 244/2016.

Tale disposizione, tesa a prorogare gli effetti fiscali previgenti delle operazioni già presenti in bilancio al momento del mutamento contabile, secondo dottrina prevalente non dovrebbe interessare le azioni proprie, in quanto il recepimento fiscale delle nuove regole contabili non determina fenomeni di tassazione anomala.

In effetti, la precedente allocazione delle azioni acquistate all’attivo del bilancio non ha dato luogo a componenti reddituali rilevanti (circolare Assonime 14/2017 e documento Cndcec del 30 settembre scorso).

L’altro problema riguarda le microimprese, ad esempio in veste di holding, le quali sono soggette alle novità contabili ma senza la derivazione fiscale, con la conseguenza che per esse restano applicabili le norme del Tuir, con i conseguenti problemi, operativi (quadro RV per gestire il doppio binario) e interpretativi (qualificazione ai fini Pex o requisiti per la rateizzazione delle plusvalenze).

Infine, sempre secondo Assonime, la nuova disciplina contabile e fiscale dell’operazione dovrebbe determinare la disapplicazione del comma 1 dell’articolo 177 del Tuir (scambio di partecipazioni tramite permuta) a favore del comma 2 (scambio tramite conferimento).

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