Contabilità

Nasce il voto plurimo: l'attuazione passa dalla Consob

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di Emanuele Lucchini Guastalla

Il tradizionale principio "one share one vote" subisce un'ampia rivisitazione per effetto del dl 91. È anzitutto confermato che le società in via di quotazione o già quotate potranno prevedere nel loro statuto un'apposita clausola che abilita l'emissione di azioni a voto maggiorato (con il limite massimo di poter esprimere due voti) a vantaggio di azionisti «di lungo periodo». In altri termini, sarà consentita l'attribuzione di un diritto di voto maggiorato quale "premio di fedeltà" alle azioni che rimangano di titolarità di un singolo azionista per un periodo consecutivo (indicato nello statuto) non inferiore a 24 mesi.

La previsione della possibilità di emettere azioni a voto plurimo - ricordando che la modifica statutaria occorrente per introdurre la previsione del voto maggiorato non attribuirà il diritto di recesso ai soci che non esprimano il voto favorevole alla sua introduzione - è finalizzata a permettere la quotazione mantenendo la possibilità, per il gruppo di controllo, di conservare la posizione di azionista di riferimento; questo potrebbe costituire un incentivo alla quotazione di alcune imprese familiari italiane, frenate al "grande passo" proprio per il timore della perdita di controllo da parte della famiglia. Il voto plurimo consente infatti di aumentare la dimensione del flottante in sede di offerta al pubblico finalizzata alla quotazione e, di conseguenza, la liquidità delle azioni delle società quotate, senza determinare una diluizione per gli azionisti di riferimento.

La disciplina di queste azioni a voto plurimo, non è peraltro di immediata applicazione: spetta, infatti, alla Consob l'emanazione, con proprio regolamento, delle occorrenti disposizioni di attuazione.
La legge di conversione del dl 91/2014 ha introdotto, sempre in materia di voto nelle Spa, anche altre importanti innovazioni: è stata disposta una modifica dell'articolo 2351 del Codice civile, per effetto della quale:
a) tutte le società, e quindi anche quelle quotate, potranno prevedere nel proprio statuto che, in relazione alla quantità di azioni possedute da uno stesso soggetto, il diritto di voto sia limitato a una misura massima o sia "scaglionato"; b) le società, diverse da quelle quotate, possono prevedere nel proprio statuto che siano emesse azioni a voto plurimo (ma con un massimo di tre voti) anche per «particolari argomenti» o con voto «subordinato al verificarsi di determinate condizioni non meramente potestative».
L'introduzione negli statuti della previsione di emissione di queste azioni a voto plurimo, finora assolutamente vietata nel nostro ordinamento, dovrà essere approvata (nelle società che siano iscritte nel registro delle imprese alla data del 31 agosto 2014) con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale presente in assemblea.
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