Imposte

Nel 2019 stabile il peso del fisco. Il «conto» a banche e imprese

di Marco Rogari e Gianni Trovati

Il programma di bilancio inviato ieri mattina a Bruxelles spiega perché la manovra non diminuisce la pressione fiscale. Il 68,8% delle coperture aggiuntive rispetto al deficit arriva da maggiori entrate, lasciando ai tagli di spesa solo 3,6 miliardi, cioè il 31,3% del lavoro. E nel capitolo delle entrate tocca a imprese e banche il ruolo da protagoniste: arriva da loro almeno il 79,5% degli introiti aggiuntivi, 6,4 miliardi su 8 complessivi. Le cifre emergono appunto dalle tabelle del Documento programmatico di bilancio (Dpb), che offre dei conti una fotografia a più alta definizione rispetto alla Nadef appena discussa in Parlamento. Nel Documento mandato a Bruxelles bisogna infatti dettagliare meglio i singoli interventi. Anche se non mancano i capitoli che aggregando più voci continuano a celare il valore puntuale previsto per le misure. Ma il quadro si fa decisamente più chiaro.

Il valore della manovra che emerge dal Dpb è di 33,5 miliardi. Meno dei 36,7 indicati dal Mef la scorsa settimana. Ma il «lordo» ministeriale tiene conto delle ricollocazioni di fondi, per esempio quelli del reddito di inclusione che transiteranno nel reddito di cittadinanza. Sono soldi già in bilancio. E nelle tabelle del Dpb non compaiono. I numeri “europei”, insomma, misurano le mosse aggiuntive rispetto alla legislazione vigente: poco meno di 22 miliardi di maggior deficit, 8 di entrate e 3,6 di minor spese. Indebitamento a parte, le entrate sono quindi la voce principale. E spiegano come mai la pressione fiscale rimanga al 41,8% anche nel 2019, allo stesso livello di quest’anno. Nonostante Flat tax per le partite Iva e mini-Ires sugli investimenti.

La riduzione di gettito per questi interventi è infatti integralmente bilanciata da altri aumenti di tasse. Le regole fiscali in cantiere per il settore finanziario, insieme al rinvio al 2026 per la deduzione delle svalutazioni, le modifiche sulle agevolazioni dei crediti e all’aumento degli acconti per le assicurazioni valgono 4,2 miliardi aggiuntivi nel 2019. Numeri che proprio oggi il ministro dell’Economia Tria illustrerà a Milano ai vertici dell’Abi. Al conto si aggiungono poi i 2 miliardi in più rispetto alle vecchie previsioni generati dall’addio all’Iri, l’imposta sul reddito dell’imprenditore che non è mai nata davvero. La manovra manda in pensione anche l’Ace, l’«Aiuto alla crescita economica» che compensa il costo della mini-Ires (il saldo, anzi, è positivo per 182 milioni).

Più leggere sono invece le cifre che accompagnano i tagli di spesa. Tanto è vero nel 2019 le uscite aumenteranno anche rispetto al Pil programmato, passando al 48,3% dal 48% di quest’anno. Al netto della spinta agli investimenti, che dovrebbero salire dall’1,8% (minimo storico) al 2,1%, rimarrebbe invariata. Sulla spesa in conto capitale il Dpb conferma l’obiettivo progressivo nel triennio: l’aumento è chiesto soprattutto agli enti territoriali, che secondo il programma dovranno aumentare la spesa aggiuntiva di 2,5 volte in tre anni (da 1,3 a 2,9 miliardi). Per la Pa centrale l’obiettivo è una crescita di 1,5 volte, da 2,2 a 3,5 miliardi in più rispetto al tendenziale. Del pacchetto fa parte anche un miliardo per il piano straordinario di manutenzione delle strade che l’Italia chiede di escludere dai vincoli dopo il crollo del Ponte Morandi.Sulla spesa corrente, invece, ai ministeri la manovra chiede 2,5 miliardi nel 2019 e un miliardo nei due anni successivi. Un altro miliardo dovrà arrivare dalle solite riprogrammazioni nel calendario dei trasferimenti agli enti pubblici.

Sul lato delle nuove spese, nelle tabelle del Dpb il derby fra reddito di cittadinanza e pensioni finisce in perfetta parità: 6,74 miliardi a testa, lo 0,37% del Pil. Ma nel conto non è inserito il cambio di destinazione dei fondi oggi previsti per il reddito d’inclusione. Per il pubblico impiego solo 547 milioni, che serviranno alle assunzioni nella Pa centrale e a rifinanziare gli ultimi aumenti temporanei. Del rinnovo dei contratti per il 2019-21, insomma, si parlerà un’altra volta.

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