Nel regime premiale 155 studi di settore anche per il 2017
Una sorta di anteprima dei nuovi Isa. Il regime premiale degli studi di settore ha rappresentato una sorta di precursore dei nuovi indicatori sintetici di affidabilità “concedendo” ai contribuenti ammessi vantaggi connessi alla preclusione dagli accertamenti analitico-presuntivi alla riduzione di un anno dei termini di decadenza dei controlli su imposte dirette e Iva. In termini di compliance il regime sembra aver dato i suoi risultati. Secondo le stime presentate ieri dalla Sose, per il periodo d’imposta 2016 (dichiarazioni 2017) il premiale ha prodotto un incremento di 3,86 miliardi di ricavi dichiarati che si sono “tradotti” in 2,13 miliardi di redditi in più emersi. Questi in termini “macro”, in termini medi invece l’ingresso nel regime premiale nel 2016 ha comportato un aumento di 25.934 euro di ricavi e di 14.268 euro di redditi rispetto alla variazione di ricavi e redditi che si sarebbe verificata in assenza della norma. Cifre che sono state presentate ieri in agenzia delle Entrate in occasione dell’incontro con le associazioni di categoria con cui è stato tracciato un bilancio dei primi sei anni di applicazione del premiale.
Un meccanismo previsto dal decreto salva-Italia del decreto Monti (Dl 201/2011, articolo 10), che ha affidato ogni anno a un provvedimento dell’Agenzia la fissazione dei requisiti per l’ammissione. E per l’anno d’imposta 2017 si va verso la conferma dei criteri che erano stati previsti per lo scorso anno. In pratica saranno interessati 155 studi di settore scelti tra quelli per cui risultano approvati indicatori di coerenza economica riferibili ad almeno 4 diverse tipologie tra «efficienza e produttività del fattore lavoro», «efficienza e produttività del fattore capitale», «efficienza di gestione delle scorte», «redditività» e «struttura». O, in alternativa, gli indicatori devono essere riferibili a tre delle tipologie indicate e, contemporaneamente, prevedere l’indicatore «indice di copertura del costo per il godimento di beni di terzi e degli ammortamenti» (si veda Il Sole 24 Ore del 25 maggio 2017).
Al regime premiale sono ammessi i contribuenti che dichiarano ricavi o compensi pari o superiori a quelli risultanti dall’applicazione degli studi di settore, anche per adeguamento, che hanno regolarmente assolto gli obblighi di comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi e che risultano coerenti con gli specifici indicatori previsti dai decreti di approvazione dello studio di settore o degli studi di settore applicabili.
Il bilancio relativo all’anno d’imposta 2016 mostra come sia stato il 27,4% dei potenziali interessati ad aver avuto ingresso nel regime (578.354 tra imprese, società e altri titolari di partita Iva su 2,1 milioni di contribuenti nel perimetro dei 155 studi di settore ammessi). E l’ingresso nel regime fa la differenza anche in termini di valori dichiarati. Gli operatori entrati nel regime premiale hanno dichiarato in media 441mila euro di ricavi e 56mila euro di redditi a fronte dei 278mila euro di ricavi e 27.300 euro di redditi medi della platea dei potenziali interessati. Un dato sicuramente da tenere in considerazione in vista dei nuovi Isa attesi al debutto con la tornata dichiarativa 2019 e che puntano a riservare vantaggi ai contribuenti coinvolti (a regime saranno quasi 4 milioni) che riporteranno i voti più alti nelle pagelle fiscali che vanno da uno a dieci.