Nell’e-commerce l’Iva dello Stato di destinazione
Rivoluzione in due tappe per l’Iva europea sull’e-commerce. Dopo anni di dibattito, e sulla scia delle polemiche che da tempo stanno investendo tutti i profili fiscali della new-economy, ieri l’Ecofin ha approvato la direttiva Vat che modifica la disciplina sulle vendite digitali in Europa, emendando la Direttiva 112/2006. L’allineamento dell’Iva all’evoluzione del mercato digitale avverrà in due momenti, tra il 1° gennaio 2019 e il 1° gennaio 2021.
Lo “stabilimento” a fini Iva verrà rivoluzionato dal 1° gennaio 2021. Eliminate le soglie oggi in vigore (da 35 mila a 100 mila euro secondo i paesi) che fanno scattare l’obbligo del venditore a distanza a “dichiararsi” a fini Iva nel paese dove fa business, sulle vendite e-commerce a consumatori si applicherà sempre l’Iva dello stato di destinazione dei prodotti, sempre che il venditore non scelga il Mini-one-stop-shop (Moss). Questo processo, già in vigore dal 2015, consente di dichiarare e versare l’Iva in più stati Ue: basta la partita Iva dello stato dove il venditore è stabilito.
Fuori dal raggio della nuova Vat europea restano gli imprenditori sotto la soglia de minimis. Il venditore che non genererà almeno 10.000 euro di volume d’affari in vendite a distanza infra-Ue di prodotti, continuerà ad applicare l’Iva dello stato Ue da cui sono spediti i prodotti.
Sempre dal 1° gennaio 2021 sarà eliminata la franchigia entro la quale le importazioni di prodotti da territori extra-Ue non è soggetta ad Iva all’importazione. La soglia oggi varia da 10 a 22 euro a seconda degli Stati Ue; in Italia, è 22 euro. Per evitare un dispendio di energie e risorse all’atto dello sdoganamento, sarà introdotto un nuovo sistema per le importazioni di valore fino a 150 euro, in base al quale il venditore non stabilito in Europa che vende prodotti a consumatori europei potrà nominare un intermediario stabilito in Europa, che si occuperà di versare l’Iva per conto del venditore extra-Ue. A fini Iva, il momento impositivo diventerà quello dell’acquisto online, e non invece dell’effettiva importazione fisica dei prodotti.
Cambiano le regole per i marketplace virtuali. Per le vendite online su piattaforme elettroniche che agevolano l’acquisto di prodotti importati da territori extra-Ue in spedizioni dal valore fino a 150 euro, le stesse piattaforme saranno considerate soggetti passivi a fini Iva, anche se da un punto di vista giuridico il venditore è colui che vende i prodotti attraverso la piattaforma, non la piattaforma stessa. Ne consegue che se un consumatore italiano acquisterà sul marketplace Amazon un prodotto da 50 euro proveniente dalla Cina e venduto da merchant cinese sulla piattaforma, a fini Iva il venditore sarà Amazon, anche quando non gestisce la spedizione. .
Nella Direttiva ci sono poi alcune modifiche, di minore portata, che partiranno dal 1° gennaio 2019 riguardanti i prestatori di servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione ed elettronici in regime dei minimi “Moss”.
A cominciare dalla soglia de minimis per individuare il luogo di consumo di telecomunicazione, teleradiodiffusione e servizi elettronici. Il prestatore di servizi digitali Ue che non genererà almeno 10.000 euro di volume d’affari in servizi verso consumatori ubicati in altri Stati Ue continuerà ad applicare l’Iva nello stato dove è stabilito, anche sulle vendite di servizi a consumatori in altri stati Ue. Tali prestatori di servizi digitali seguiranno le regole di fatturazione del proprio stato di stabilimento, anche quando l’Iva si applichi in altro stato Ue.