Finanza

Nella finanza d’impresa Stato alleato al private capital

L’intervento statale previsto dallo Sviluppo economico nelle aziende strategiche

di Alessandro Germani

Lo sviluppo del private capital, nella forma del private equity e del private debt, trova il proprio impulso nonostante le difficoltà del Covid-19. Ad esso si affianca l’intervento finanziario dello Stato nelle imprese in crisi, al posto o in affiancamento ai fondi privati. Vediamo come tutto questo si coniughi nei recenti interventi normativi. Per ciò che concerne il fondo Patrimonio (articolo 26, comma 12 del Dl 34/20) la legge di Bilancio 2021 prevede una proroga delle operazioni al 30 giugno 2021.

Essa è motivata con il fatto che la precedente scadenza al 31 dicembre 2020 era assai ristretta per uno strumento le cui misure attuative sono recenti. Si apre poi alle imprese (con ricavi fra 10 e 50 milioni di euro) che non erano in difficoltà al 31 dicembre 2019 ma che successivamente sono state ammesse al concordato preventivo con continuità aziendale.

Invece per le imprese più grandi (sopra a 50 milioni di fatturato) il Patrimonio rilancio disciplinato dall’articolo 27 del Dl 34/20 prevede degli interventi di Cassa depositi e prestiti in equity o debito.

La bozza di decreto del ministero dell’Economia stabilisce la possibilità di intervento, anche nella forma del coinvestimento con fondi privati, in imprese in ristrutturazione o concordato preventivo con prospettive di recupero.

L’intervento dello Stato è confermato anche dal decreto del ministero dello Sviluppo economico del 29 ottobre 2020 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 14 dicembre 2020, attuativo degli interventi a favore della ristrutturazione di marchi storici, per società con non meno di 250 dipendenti e comunque a rilevanza strategica (articolo 43 del Dl 34/20), prevedendo Invitalia come soggetto gestore.

Beneficiarie sono le imprese predette che versano in difficoltà finanziaria e che presentino un adeguato programma di ristrutturazione. È previsto un intervento in equity con un massimo di 10 milioni di euro, a fronte del quale la beneficiaria si impegna a rispettare i livelli occupazionali e a non delocalizzare fuori dall'Ue la produzione. L’intervento in equity deve essere di minoranza ed entro cinque anni, è accompagnato da un intervento rilevante anche da parte di investitori privati indipendenti e può estendersi a forme di quasi equity (prestiti obbligazionari) e garanzie.

Le operazioni di private capital sono in genere motivate da logiche acquisitive. In altre parole l'ingresso di un fondo di private equity o il finanziamento di uno di private debt sono propedeutici ad una campagna di acquisizioni. In questo senso nella legge di bilancio è stata prevista una norma di incentivazione fiscale alle operazioni di fusione, scissione e conferimento d'azienda effettuate fra il 1° gennaio 2021 e il 31 dicembre 2021. Si consente, infatti, di trasformare in credito d'imposta le attività per imposte anticipate (Dta) rivenienti da perdite fiscali ed eccedenze Ace. Al di là di una serie di condizioni che rendono particolarmente laboriosi i conteggi e le modalità, un aspetto va salutato con favore. Infatti rispetto alla previsione per cui l'incentivo spetta per operazioni con parti terze e non infragruppo (secondo la costante logica delle varie edizioni del bonus aggregazioni, da ultimo con l’articolo 11 del Dl 34/19), esso sembra ammissibile anche nel caso in cui l'operazione straordinaria sia preceduta da un'acquisizione, secondo la classica modalità di mercato per cui spesso si acquista il 100% di una società terza e poi la si incorpora.

Inoltre, non tanto quale misura alternativa al private capital ma complementare allo stesso, vi è la quotazione in borsa, anche come exit classica di un fondo, per la quale sempre la legge di bilancio ha previsto una proroga al 31 dicembre 2021 credito d'imposta per le spese di consulenza relative alla quotazione delle Pmi.

Che l'orientamento sia quello di sostenere la finanza alternativa lo dimostra anche la risposta del ministero dell’Economia al question time del 26 novembre 2020 relativo alle società di investimento semplice (Sis) quale strumento per lo sviluppo di iniziative di venture capital. La Sis è di fatto una Sicaf con un limite di patrimonio netto (e di investimento) di 25 milioni di euro che prevede una serie di semplificazioni a fronte di una minor complessità. Il ministero non esclude che se i dati dimostreranno l’idoneità della Sis a favorire la capitalizzazione delle Pmi anche la disciplina potrà essere ulteriormente modificata.

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