Controlli e liti

Nelle Srl a ristretta base azionaria utili extracontabili totalmente tassati

L’ordinanza 8730/2021 della Cassazione: l’esenzione fino al 2017 non si applica nel caso di rettifiche ai soci qualificati

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di Marco Piazza

Si consolida l’orientamento della Cassazione per cui i redditi non dichiarati da società a ristretta base sociale, tassati anche in capo ai soci «qualificati» come distribuzione di utili, non beneficino della riduzione della base imponibile prevista dall’articolo 47, comma 1, primo periodo del Testo unico, in vigore fino al 2017. L’ultimo pronunciamento in questo senso è contenuto nell’ordinanza 8730/2021 la quale, con una laboriosa interpretazione, molto formale, osserva che il secondo periodo del comma 1 cita, come fonti della presunzione reddituale, il bilancio (in realtà «l’utile», nda) dell’esercizio e le riserve non in sospensione di imposta. Il che, logicamente, conduce a interpretare la disposizione nel senso che la limitazione alla percentuale del 40% operava solo con riferimento ai redditi regolarmente dichiarati dalla società in un documento contabile, di talché l’atipicità (della presunzione reddituale o della percentuale del 40%?, nda) era riferita solo alla nomenclatura attribuita agli stessi dalla società, ma rimaneva condizionata al positivo riscontro della loro effettiva maturazione per effetto dell’inserimento nel bilancio».

In questo modo la Cassazione legittima, senza farne menzione, la doppia imposizione cosiddetta “economica” del reddito accertato in capo alla società. In precedenti pronunce, il problema sostanziale della imposizione economica viene, invece, affrontato espressamente. Ad esempio, nella sentenza 34282 del 23 dicembre 2019 (ma si vedano anche le sentenze 13550 del 2020 e 375 del 2021) si legge «che nel caso in esame, trattandosi di utili “in nero”, mai pervenuti nella contabilità societaria, è chiaro che non vi è alcun obbligo di mitigare una doppia imposizione che non v’è mai stata, non avendo la società mai dichiarato tali utili extracontabili». La conclusione – chiara per gli estensori delle sentenze – può apparire poco comprensibile per il contribuente che subisce l’accertamento. In seguito all’accertamento, infatti, gli utili che si premono percepiti dal socio diventano «già tassati in capo alla società che li ha prodotti» per cui è discutibile (ma la cassazione è il giudice di ultima istanza) che non vi sia l’obbligo di mitigare la doppia imposizione.

Comunque la questione può riguardare solo i soci qualificati in relazione ad accertamenti relativi a periodi d’imposta fino a quello in corso al 31 dicembre 2017 perché, per i redditi prodotti dopo tale data, gli utili sono soggetti alla ritenuta d’imposta del 26% sull’intero ammontare.

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