Niente interposizione fittizia senza la dimostrazione sui redditi
Non sussiste interposizione fittizia nel contratto di azienda (e né, quindi, sottrazione ad imposizione di parte del reddito ricavato dall’operazione) se l’ufficio non dimostra che i redditi, dei quali risultino titolari i soggetti che considera interposti, sono in realtà riferibili al soggetto interponente. Lo ha affermato la Cassazione nella sentenza 29370/2017 .
Con avviso di accertamento per il 1999, l’ufficio ha recuperato a tassazione, ai fini di imposte dirette, Irap e Iva, componenti positivi non contabilizzati da una spa per circa un miliardo di vecchie lire. Si trattava di un’operazione di trasferimento di dieci assegni circolari dei quali 5 erano stati tratti sul conto corrente bancario della madre e gli altri 5 del figlio, rispettivamente presidente e socia di maggioranza la prima, e componente del cda, il secondo. I titoli rispondevano al versamento anticipato di parte dei canoni ulteriori, dovuti per l’affitto di un’azienda che, con cadenza semestrale, pagava la srl nella quale la spa si era fusa per incorporazione. A parere dell’Agenzia, la provvista non contabilizzata, anche se tratta dai conti correnti dei soci, era imputabile alla Srl per la presunzione di interposizione fittizia ex articolo 37, comma 3, del Dpr 600/1973 e, di conseguenza, identificava suoi componenti positivi di reddito. La società è risultata vittoriosa, oltre che nei giudizi di merito, anche in Cassazione.
I giudici di legittimità hanno chiarito che il meccanismo dell’interposizione fittizia si realizza ogni volta che l’accordo simulatorio ha ad oggetto l’attribuzione della qualità di parte del contratto ad un soggetto che, invece, ne resta estraneo e presta soltanto il proprio nome. Nella fattispecie al suo esame, la Corte ha ritenuto non provato con indizi gravi, precisi e concordanti, che la somma recuperata proveniva da profitti non contabilizzati dalla srl, a seguito dell’accordo intercorso, per il prezzo dell’affitto di azienda, tra la stessa srl e i soggetti a lei collegati. E nemmeno sono stati indicati elementi idonei a superare il dato dell’intestazione dei conti correnti bancari per dimostrare, anche in via presuntiva, la natura fittizia dell’intestazione o, comunque, la riferibilità alla società degli stessi conti o di alcuni loro singoli dati.
Cassazione, ordinanza 29370/2017