Non basta scrivere il bonus sulla carta
La legge 160/2019, Legge di Bilancio 2020 ha moltiplicato il credito d’imposta ricerca e sviluppo per tre: ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica e design/ideazione estetica per determinati settori.
Tuttavia, al di là delle apparenze, è presto per dire che si tratta di una buona notizia: le imprese interessate si trovano a fare i conti con una nuova normativa da comprendere e assimilare e di cui inizia ora l’attesa dei decreti attuativi. Tutta questa fatica, secondo la legge di Bilancio 2020, varrà per un anno. Una prospettiva temporale troppo breve, quando le imprese necessitano, per programmare investimenti e attività di ricerca, di un arco di tempo pluriennale, che è stato previsto ma non è ancora noto.
Le imprese, finora, si sono scontrate, per fruire del bonus, con continue modifiche normative, proliferare di basi di calcolo, interpretazioni dell’agenzia delle Entrate e del ministero dello Sviluppo economico. Tutto questo ha prodotto anche molte verifiche fiscali con esiti in genere nefasti, che sfociano quasi sempre in accertamenti per crediti «inesistenti», pur in presenza di attività di ricerca comunque svolte. In molti casi, per via delle complicazioni legislative e le stratificazioni interpretative, il bonus ha generato conseguenze negative. E ora si rischia di replicare il copione.
La chiarezza e la stabilità delle norme e la loro condivisione con gli stakeholder, costituiscono esse stesse un valore, che però il legislatore tende a ignorare.