Diritto

Non blocca l’ok al nuovo marchio l’uso anteriore senza fini commerciali

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di Gianluca De Cristofaro, Matteo Di Lernia

L’uso anteriore di un marchio, più comunemente preuso, è effettivo solo se l’utilizzo sul mercato non è stato simbolico e/o sporadico ma reale e concreto e ha assolto quindi lo scopo di far conoscere al consumatore l’origine del prodotto. Comunicazioni interne finalizzate alla futura immissione in commercio non sono quindi sufficienti. Lo ha ribadito il Tribunale di Milano con la sentenza del 26 gennaio 2023 sui diritti attribuiti al preutente di un marchio rispetto a chi lo ha successivamente registrato e sull’interpretazione della mala fede quale causa di invalidità della registrazione di un marchio.

La registrazione di un marchio è infatti valida solo se dotata del requisito della novità: non deve quindi esserci stato un uso anteriore dello stesso segno da parte di un terzo.

La rilevanza del preuso

La Sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale di Milano ha ribadito che la registrazione di un marchio può considerarsi valida in quanto dotata del requisito della novità purché non ricorra l’uso anteriore dello stesso segno da parte di un terzo, il cosiddetto “preuso invalidante”. Questo perché, al preuso in via di fatto di un marchio consegue:

l’acquisto di un diritto di esclusiva, che permette di invalidare la registrazione successiva, se ne è conseguita una notorietà generale o (se questo non si è verificato)

il solo diritto di proseguire l’uso, nei limiti in cui anteriormente se ne è valso, nonostante la registrazione successiva.

Viene così tutelato l’interesse dei terzi che, senza registrare il marchio, ne abbiano sempre fatto uso.

Ma quando il preuso è meritevole di tutela? Il Tribunale di Milano ribadisce che è necessario che il segno anteriore sia caratterizzato da una “notorietà”, ossia da una reale conoscenza da parte del pubblico, corrispondente a un radicamento della forza distintiva del segno nella percezione dei consumatori interessati.

La prova sia del preuso sia della notorietà deve essere quindi “rigorosa”, vista la rilevanza sotto il profilo sia dell’invalidità della registrazione successiva per difetto di novità, sia dell’impedimento all’uso dello stesso marchio. Per ravvisare un preuso “effettivo” (e, quindi, rilevante) è perciò necessario che il marchio sia stato realmente utilizzato sul mercato e che l’impiego sia stato concreto e reale, non simbolico e/o sporadico e abbia assolto lo scopo di rendere edotto il consumatore sull’origine del prodotto.

Nel caso in esame le prove fornite riguardavano solo comunicazioni interne finalizzate alla futura immissione in commercio dei prodotti. Il Tribunale ha quindi escluso che potesse ravvisarsi un preuso effettivo, idoneo a fare acquisire una notorietà presso il pubblico. In passato, il Tribunale di Bologna (decisione del 9 ottobre 2020) aveva chiarito che la notorietà del preuso non fosse neanche desumibile dalla semplice presenza sul web o sui social, perché va considerato il numero dei soggetti effettivamente venuti a conoscenza del marchio.

Secondo la Cassazione (sentenza 2648/2022) la prova può essere data anche attraverso testimonianze, valutate dal giudice.

La mala fede

Il Tribunale di Milano ha ribadito che una registrazione in mala fede si verifica solo quando un soggetto può vantare legittime aspettative non ancora “consolidate” in un diritto opponibile a terzi e un altro soggetto che conosce tali aspettative lo anticipa nella registrazione. La mala fede è, infatti, riscontrabile in chi, conoscendo le attività preparatorie e di investimento di un altro soggetto relativamente a un segno distintivo, ne ostacoli il progetto imprenditoriale, registrandolo in anticipo.

Se manca la prova della conoscenza dell’attività posta in essere dal concorrente (come nel caso in esame) la mala fede nella registrazione, quindi, non sussiste. Secondo la giurisprudenza comunitaria, la buona fede nella registrazione è presunta fino a prova contraria (sentenza del 13 dicembre 2012, nel caso T-136/11): sono perciò necessari elementi oggettivi sui quali sia possibile fondare una valutazione certa delle intenzioni dell’altra parte.

La giurisprudenza
Vendita ad amici

In tema di preuso, non è rilevante l’invio ad amici/clienti di immagini di magliette offerte in vendita con il marchio: è un uso non manifesto e non pubblico.
Tribunale di Roma, decisione del 23 agosto 2019

I social non bastano

La notorietà rilevante ai fini del preuso non può essere desunta dalla presenza del marchio sul web o sui social, ma va considerato il numero dei soggetti concretamente venuti a conoscenza del marchio.
Tribunale di Bologna, decisione del 9 ottobre 2020

Frapporre ostacoli

Non c’era malafede da parte di Heineken nella registrazione del marchio “La Bianca” poiché non c’era l’intenzione di frapporre ostacoli all’iniziativa di un concorrente, depositando a suo nome un segno altrui.
Tribunale di Milano, sentenza del 28 dicembre 2022

Registrazione abusiva

C’è mala fede se si intende pregiudicare gli interessi di terzi in modo scorretto o ottenere un diritto esclusivo per scopi diversi da quelli che rientrano nelle funzioni di un marchio
Corte di giustizia Ue, decisione 29 gennaio 2020, C-371/18

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