Controlli e liti

Non c’è bis in idem tra la bancarotta e i reati tributari

Il concorso formale non è indice necessario del medesimo fatto

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di Giovanni Negri

Il concorso tra bancarotta e reati tributari non conduce necessariamente all’applicazione del principio del ne bis in idem. Anche nel caso di precedente proscioglimento per il reato di occultamento e distruzione di documenti contabili (articolo 10 del decreto legislativo n. 74 del 2000) e successiva contestazione di bancarotta documentale. Lo chiarisce la Cassazione con la sentenza n. 7557 della Quinta sezione penale depositata il 2 marzo.

Respinto quindi il ricorso di un imputato che intendeva fare valere l’improcedibilità del giudizio per bancarotta documentale avviato nei suoi confronti dopo essere stato assolto perché il fatto non sussiste dal reato tributario di occultamento contabile. Per la difesa si tratterebbe infatti del medesimo fatto e tanto basterebbe per escludere l’apertura di un nuovo fascicolo penale.

La Cassazione, nel suo ragionamento, valorizza innanzitutto la sentenza della Corte costituzionale del 2016, con la quale è stato giudicato parzialmente incostituzionale l’articolo 649 del Codice di procedura penale, nella parte in cui escludeva che il fatto fosse il medesimo per la sola esistenza di un concorso formale tra il reato già giudicato con sentenza irrevocabile e il reato per il quale era iniziato il nuovo procedimento penale.

La Consulta, però, ha anche escluso che ci possano essere conseguenze in qualche modo necessitate e ribaltate: cioè non è vero che ogni volta che si configura un concorso tra reati allora si può parlare di medesimo fatto, facendo scattare in maniera automatica il ne bis in idem e il divieto di procedere.

Quello che conta, puntualizza adesso la Cassazione, è che, prescindendo da qualsiasi elemento di giudizio sull’esistenza o meno di un concorso tra reati, il giudice deve effettuare un confronto. Confronto che deve essere tra la prima contestazione per come si è sviluppata nel processo e il fatto che sta alla base della nuova contestazione da parte del pubblico ministero. Il tutto, si raccomanda la sentenza, in una «prospettiva concreta e non legata alla struttura della fattispecie».

Nel contesto del giudizio arrivato in Cassazione questo confronto fornisce esito negativo perché la bancarotta documentale non può essere sovrapposta all’omessa documentazione sanzionata sul piano tributario.

Il perimetro della prima è infatti assai più ampio, comprende tutte le scritture aderenti alla natura dell’impresa, sia quelle obbligatorie sia quelle facoltative (in primo luogo il libro giornale e quello inventari), utili per la ricostruzione del patrimonio e del volume d’affari, mentre nel caso del reato tributario a rilevare sono solo le scritture rilevanti per finalità fiscali, come libro cassa e scritture di magazzino.

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