Non impugnabile l’avviso di presa in carico
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A fornire questo interessante principio è la Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia con la sentenza n. 213/2/2017 depositata ieri.
La vicenda
Un’associazione sportiva dilettantistica impugnava due avvisi di presa in carico dell’agente della riscossione per i tributi contenuti in prodromici accertamenti notificati dall’agenzia delle entrate. Tali informative venivano impugnate dinanzi al giudice tributario eccependo sostanzialmente doglianze sul merito degli atti presupposti.
L’agente della riscossione si costituiva in giudizio rilevando l’inammissibilità dei ricorsi in quanto oggetto della controversia non erano atti impugnabili. Inoltre rilevava la propria carenza di legittimazione passiva per le doglianze attinenti il merito degli avvisi di accertamento richiamati.
Nelle more del giudizio, la ricorrente con istanze trasmesse via pec alla segreteria della Ctp, chiedeva ai sensi dell’articolo 11, comma 8, del Dl 50/2017, la sospensione dei giudizi, quanto meno fino alla data del 10 ottobre 2017, volendosi avvalere della definizione agevolata delle controversie tributarie.
La sentenza
La Ctp ha rigettato tali istanze di sospensione, perché i processi riguardavano atti non impugnabili, in quanto non quantificano una maggiore imposta, e dunque non oggetto di definizione.
Il collegio emiliano ricorda che secondo la Corte di Cassazione gli atti in questione non sono suscettibili di impugnazione perché non portano a conoscenza del contribuente una specifica pretesa tributaria ma si limitano a “ricordare” al medesimo che inizierà l’attività di riscossione coattiva di atti la cui pretesa è già nota al contribuente stesso.
La pronuncia offre lo spunto per alcune riflessioni. Innanzitutto, va rilevato che l’Agenzia (circolare 22/2017) ha ritenuto che sono ammesse alla definizione anche le liti instaurate mediante ricorsi affetti da vizi di inammissibilità, purché proposti entro il 24 aprile 2017. Tuttavia, da quanto emerge dal contenuto della sentenza, le liti risultavano comunque escluse dalla definizione.
Gli avvisi di accertamento
Gli avvisi di accertamento prodromici alle comunicazioni inviate da Equitalia, infatti, sembravano divenuti definitivi per assenza di impugnazione nei termini. Da ciò consegue che la pretesa tributaria contenuta in tali atti riguardava un rapporto già esaurito e pertanto non definibile per espressa esclusione normativa. Il contribuente, quindi, avrebbe dovuto versare interamente la pretesa contenuta in tali accertamenti, di fatto vanificando ogni interesse a definire la lite sulle successive comunicazioni di presa in carico.
Pur ipotizzando, invece, che per gli accertamenti fosse stata già proposta autonoma impugnazione nei termini, se pendente o comunque in assenza di una pronuncia definitiva, la relativa lite era definibile.
Definizione non consentita
Superando tali questioni, però, occorre rilevare che la norma consente la definizione delle sole controversie in cui è parte l’Agenzia. Nella specie, il ricorso era stato proposto avverso l’agente della riscossione e pertanto “automaticamente” escluso dalla definizione e quindi a prescindere dall’impugnabilità o meno dell’avviso di presa in carico.
Non pare peraltro rilevante l’unificazione di Equitalia con l’Agenzia decorrente dal 1° luglio 2017. La stessa Agenzia, infatti, nella circolare 22/2017 non ha rilevato alcuna deroga alla previsione normativa. Va da sé pertanto che nonostante ora si tratti di un unico ente, le liti avviate avverso l’ex agente della riscossione Equitalia, comunque rimangono escluse dalla possibilità di definizione.
Ctp Reggio Emilia, sentenza n. 213/2017