Non sanzionabili gli errori formali in dichiarazione
Per le dichiarazioni dei redditi con un’irregolarità nell’apposizione del visto di conformità da parte dell’intermediario abilitato, l’atto di contestazione dell’Ufficio va annullato se il contribuente dimostra di non trovarsi in uno dei casi di “culpa in eligendo et in vigilando”, trattandosi di infrazione formale che non arreca alcun danno per l’erario, nè agevola l’evasione fiscale; a maggior ragione laddove la legge del tempo non offriva la possibilità di verificare la sussistenza dei requisiti in capo al professionista.
Il principio emerge dalla sentenza n. 1630, depositata il 12 aprile scorso, dalla Ctp di Milano (presidente Tucci/relatore Dolci).
La questione riguardava l’impugnazione da parte di una Srl dell’atto di contestazione delle Entrate seguito al controllo sulla compensazione di crediti Iva presenti in dichiarazioni aventi un’irregolare apposizione del visto di conformità da parte dell’intermediario incaricato, con sanzione del 30% dell’imposta dovuta da omesso versamento in quanto il professionista risultava sprovvisto della prevista autorizzazione (ex articolo 21 del Dm 164 del 31 maggio 1999).
La ricorrente evidenziava che il mancato invio della comunicazione era dipeso da problemi informatici e, soprattutto, che l’intermediario aveva poi provveduto a sanare la situazione inviando nuovamente la comunicazione alla Direzione Regionale competente al fine di essere autorizzato ad apporre il visto di conformità anche in relazione alla trasmissione delle dichiarazioni dei periodi precedenti.
L’Amministrazione Finanziaria (di seguito A.F.) difendeva la legittimità del proprio operato rappresentando che nel caso di specie fosse rilevabile in capo alla ricorrente quantomeno una «culpa in eligendo et in vigilando» in quanto avrebbe dovuto verificare che il professionista incaricato fosse munito della necessaria autorizzazione al rilascio del visto di conformità.
La Commissione tributaria provinciale preliminarmente osserva come sia pacifico che un’infrazione formale non arreca alcun danno per l’erario, non agevola l’evasione fiscale e, in tema di riparto dell’onere probatorio, pone sul contribuente l’onere di dimostrare l’assenza di colpa (Cass. 6930/2017). Nel caso di specie i giudici ritengono che non emergeva alcun profilo di responsabilità, a titolo di «culpa in vigilando» da parte della ricorrente, la quale aveva rappresentato e documentato il tempestivo inoltro, a mezzo Pec, della comunicazione da parte del professionista, non andata a buon fine per problemi di natura informatica nell’invio della Pec e poi inviata nuovamente con successo e a distanza di circa un anno. Allo stesso tempo, inoltre, nessuna “culpa in eligendo” poteva essere addebitata al contribuente in quanto solo dalla fine del 2015 (dopo la contestata violazione) è consentita a quest’ultimo la verifica della sussistenza dell’autorizzazione in capo all’intermediario incaricato nel registro dell’A.F..
Si ricorda che in tema di sanzioni tributarie una recente sentenza della Cassazione (n. 4960/17) ha definito i presupposti (concorrenti) affinché una violazione meramente formale non sia punibile, stabilendo che essa: non deve arrecare pregiudizio alle azioni di controllo; non deve incidere sulla determinazione della base imponibile dell’imposta.
Ad avviso di chi scrive la decisione dei giudici di merito appare perfettamente in linea ed all’interno del perimetro fissato dai Supremi giudici.
Ctp Milano, sentenza 1630/22/2018