Controlli e liti

Nulla la cartella con causale generica

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di Rosanna Acierno

La cartella esattoriale che riporta una causale criptica come, ad esempio, «Ires interessi» va annullata, poiché tale dicitura non può essere considerata una motivazione giuridica e può, inoltre, riferirsi, per la sua genericità, a diverse pretese, magari già definite dal contribuente. È questa la principale conclusione della Ctr Puglia con la sentenza 2688/7/2017 del 18 settembre (presidente Dima, relatore Di Carlo) che ha confermato la decisione dei giudici provinciali di Bari.

La vicenda

Non sono molti i casi in cui il contribuente, in sede giudiziale, riesce a far dichiarare la nullità della cartella di pagamento per vizio di motivazione.

Il caso nasce dall’impugnazione dell’iscrizione a ruolo e della conseguente cartella di pagamento da parte di una società notificataria riportante la causale «Ires interessi 2011 – Somme dovute a seguito di controllo manuale», sia per difetto di motivazione che per violazione del principio ne bis in idem atteso che sempre per il 2011 era stata ricevuta un’altra cartella con la stessa dicitura.

La Ctp di Bari accoglieva il ricorso e annullava la cartella per difetto di motivazione, precisando che la causale «interessi Ires 2011» non era in grado di far capire al contribuente le ragioni della pretesa erariale che erano state svelate solo dopo l’intervento dell’amministrazione finanziaria in giudizio. Secondo l’ufficio la pretesa riguardava gli interessi da sospensione applicati a seguito della revoca dell’ordinanza di sospensione di un processo relativo all’Ires per il 2011 che si era concluso con giudizio favorevole per l’Erario.

L’ufficio delle Entrate e l’agente della Riscossione impugnavano la sentenza dinanzi alla Ctr Puglia, sostenendo che il ruolo conteneva gli elementi necessari per l’individuazione delle ragioni del recupero e che il contribuente aveva piena contezza della sentenza che aveva determinato la revoca della sospensione e, dunque, l’addebito degli interessi.

Le motivazioni

Nel respingere l’appello e confermare la pronuncia di primo grado, i giudici pugliesi hanno innanzitutto precisato che la cartella esattoriale, in quanto atto impositivo idoneo ad incidere sulla sfera patrimoniale del contribuente, deve essere adeguatamente motivata in ragione dei presupposti di diritto e di fatto della pretesa, così come stabilito dall’articolo 7 della legge 212/2000. Inoltre, nell’avanzare le proprie legittime pretese, l’ente impositore deve mettere il contribuente in condizione di capire i motivi, i presupposti e le ragioni che giustificano il provvedimento, in modo da consentirgli di decidere se adeguarsi oppure opporsi.

Ciò premesso, il collegio regionale ha ritenuto che il giudice di primo grado abbia correttamente rilevato che la causale riportata nella cartella impugnata violava i principi di chiarezza, non facendo alcun riferimento alla sentenza che avrebbe determinato la revoca dell’ordinanza di sospensiva della precedente cartella di pagamento, oggetto di altro contenzioso, afferente la medesima annualità 2011 e la stessa imposta Ires.

Secondo la Ctr, infatti, non è chiaro perché se l’ufficio intendeva effettivamente recuperare gli interessi da sospensione non ha fornito una idonea, congrua e chiara motivazione, richiamando la sentenza che ne aveva determinato il presupposto e la norma di riferimento, al fine di consentire agevolmente ogni eventuale azione di verifica e di tutela da parte del contribuente.

Ctr Puglia, 2688/7/2017

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