Controlli e liti

Nullo l’avviso inviato presso il domicilio di uno solo degli eredi

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di Riccardo Giorgetti ed Emanuele Mugnaini


È nullo per difetto di notifica l’avviso inviato presso il domicilio di uno solo degli eredi invece che collettivamente ed impersonalmente a tutti gli aventi diritto presso l’ultimo domicilio del defunto. Così ha stabilito la Cassazione con la sentenza 15437/2019.

L’articolo 65 del Dpr 600/73, dettando le regole che disciplinano il rapporto tributario tra contribuente defunto ed eredi, contiene una speciale disciplina circa le modalità con le quali il fisco può attivare la propria pretesa nei confronti di questi ultimi per le obbligazioni tributarie sorte prima della morte del dante causa.

Il primo comma stabilisce che gli eredi rispondono in solido per le obbligazioni tributarie del defunto. Il termine «eredi» sottintende come questi debbano necessariamente essere divenuti tali di fronte alla legge ponendo in essere gli adempimenti necessari ad acquisire tale status.

Sul punto, il successivo comma prescrive che gli aventi causa debbano comunicare le proprie generalità ed il proprio domicilio fiscale all’amministrazione finanziaria competente per territorio rispetto all’ultimo domicilio del defunto. La comunicazione può essere presentata direttamente all’ufficio interessato o inviata per posta mediante raccomandata con avviso di ricevimento ed in tal caso si considererà effettuata nel giorno della spedizione. In mancanza di tale comunicazione, il successivo comma 4 stabilisce che la notifica degli atti intestati al defunto può essere effettuata agli eredi impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio dello stesso acquisendo efficacia nei loro confronti.

L’amministrazione interessata provvederà in sostanza ad effettuare un’unica notifica intestando genericamente l’atto a «Eredi Tizio» presso l’ultimo domicilio noto e la notifica si intenderà così perfezionata a prescindere dal fatto che questi provvedano, o meno, al ritiro dell’atto, decorrendo da tale data i termini per ricorrere e o per ricorrere agli istituti deflattivi.

Nel caso in cui soltanto alcuni di essi avessero effettuato la comunicazione prevista dal secondo comma allora l’ufficio sarebbe tenuto altresì alla notifica dell’atto anche presso il domicilio fiscale dichiarato.

Su questo specifico aspetto la sentenza in commento ricorda come la Suprema corte abbia avuto modo di chiarire più volte (Cassazione 26718/2013 e 228/2014) che la comunicazione del domicilio rappresenta un onere a cui gli eredi sono chiamati al fine di consentire da un lato all’amministrazione di attivare la pretesa direttamente nei loro confronti e dall’altro di consentire a questi ultimi di potervisi validamente opporre senza il rischio di definitività dell’atto che la notifica collettiva comporta (si pensi al caso in cui l’ultima abitazione presso la quale il defunto aveva il proprio domicilio sia stata venduta).

Nel caso trattato nella sentenza l’atto inerente l’Ici era stato correttamente intestato alla collettività degli eredi; tuttavia era stato notificato presso il domicilio di uno solo di essi senza che l’ente fornisse alcuna prova sull’avvenuta notifica agli altri. Pertanto la suprema corte, non essendo stata rispettata nessuna delle due ipotesi previste dalla legge, ha dichiarato la nullità assoluta ed insanabile della notifica e quindi dell’avviso di recupero.

Inoltre è necessario che, ai fini dell’applicazione della disciplina in commento, l’Amministrazione sia venuta a conoscenza del decesso. In difetto, l’atto sarà ovviamente intestato al defunto causando ancora una volta la nullità della notifica (Cassazione 7391/2019). Il motivo ha una sua logica poiché, qualora alcun soggetto abbia inteso succedere al defunto i relativi rapporti giuridici attivi e passivi, e dunque a buon titolo anche quelli tributari, rimangono confinati al defunto non potendo quindi l’erario vantare pretese nei confronti di altri.

Cassazione, sentenza 15437/2019

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