Nuovi documenti in appello: via libera della Consulta
La Consulta, con la sentenza 199/2017 depositata il 14 luglio scorso, conferma la costituzionalità dell’articolo 58, comma 2, del Dlgs 546/92, in materia di processo tributario, laddove consente che la parte possa produrre in appello qualsiasi documento, anche se non già presentato in primo grado oppure prodotto ma non esaminato dal giudice, in quanto tardivo. Con l’ordinanza 943/32/2016 (si veda il commento su queste pagine dell’11 luglio 2016), la Ctr Napoli aveva sollevato la questione di costituzionalità perché - come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità (tra le altre, le sentenze 21909/15, 12783/15, 665/14 e 16959/12) - il comma 2 consentirebbe alle parti di produrre in appello nuovi documenti, indipendentemente dall’impossibilità dell’interessato di presentarli in primo grado per causa a sé non imputabile (requisito invece richiesto nel processo civile, articolo 345, comma 3, del Codice di procedura civile).
Secondo la Ctr, un sistema così delineato favorirebbe la parte che, magari per negligenza, non ha prodotto i documenti in primo grado, con conseguente violazione di diversi principi tutelati dalla Costituzione. Tra questi il diritto di difesa della controparte (articolo 24), cui verrebbe impedito di produrre motivi aggiunti in primo grado e che, quindi, verrebbe privato di un grado di giudizio, nonché il principio di uguaglianza (articolo 3) e il diritto ad un processo equo (articolo 117).
In via preliminare, la Corte afferma l’inammissibilità di tale ultima censura, in quanto il giudice remittente non avrebbe sufficientemente argomentato le ragioni di non manifesta infondatezza della questione sollevata.
Le altre due censure vengono, invece, esaminate nel merito e dichiarate infondate. Anzitutto, secondo la Consulta non è fondata la censura di disparità di trattamento tra le parti del giudizio, per il semplice fatto che la facoltà di produrre per la prima volta documenti in appello è riconosciuta a entrambe le parti del giudizio, cosicché non sussiste alcuno «sbilanciamento» processuale.
Passando alla lamentata compressione del diritto di difesa, la Corte ricorda anzitutto che non esiste un principio costituzionale di necessaria uniformità tra i diversi tipi di processo (nel caso di specie, tra quello civile e quello tributario), essendo rimessa alla discrezionalità del legislatore la disciplina dei singoli istituti processuali, nei limiti della ragionevolezza. Ciò che conta è che non vengano imposti oneri tali (o non vengano prescritte modalità tali) da rendere impossibile o estremamente difficile l’esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell’attività processuale.
Nel caso di specie, la Consulta non ravvisa profili di irragionevolezza nella possibilità di produrre per la prima volta documenti in appello. Inoltre, non sussiste il rischio di compressione del diritto di difesa della controparte legato alla potenziale perdita di un grado di giudizio: per giurisprudenza pacifica, il doppio grado non gode nel nostro ordinamento di copertura costituzionale (si vedano la sentenza 243/2014 e l’ordinanza 42/2014).