Finanza

Nuovo contributo a fondo perduto legato al codice Ateco «dichiarato»

Si guarda l’attività prevalente ma va chiarito il caso di chi ha cambiato attività e come saranno svolti i controlli

di Stefano Vignoli

La riedizione del contributo a fondo perduto introdotta dal decreto Ristori (articolo 1 del Dl 137 del 28 ottobre 2020) ricalca quasi integralmente la disposizione prevista dall’articolo 25 del Dl Rilancio a cominciare dal requisito del calo del fatturato (e corrispettivi) ancorato al raffronto tra aprile 2020 ed aprile 2019 (il calo di oltre 1/3 del fatturato è ora richiesto anche alle attività nei Comuni colpiti da eventi calamitosi).

Le principali differenze rispetto alla passata edizione del contributo riguardano l’inclusione delle attività di maggiori dimensioni (scompare il limite di 5 milioni di ricavi) e, soprattutto, la limitazione dell’accesso alle attività riconducibili ai codici Ateco indicati nella lista di cui all’allegato 1 del Decreto o successivamente con Decreto del Mise. I codici Ateco individuati si riferiscono a varie categorie economiche colpite dalla crisi e dai provvedimenti restrittivi con coefficienti di maggiorazione che variano dal 100% (taxi, Ncc), al 150% (ad esempio alberghi, bar, gelaterie e pasticcerie) per salire al 200% (ad esempio ristoranti e cinema) fino ad arrivare a un massimo del 400% (discoteche).

Ad ogni modo il contributo non potrà superare euro 150.000. Nelle bozze di decreto circolate, per alberghi e altre attività ricettizie il limite operava per singola unità produttiva; nel testo in Gazzetta scompare tale indicazione e, pertanto, il limite di euro 150.000 è da ritenersi complessivo per ogni singolo contribuente.

Il controllo sull’attività dichiarata
La norma fa riferimento all’attività prevalente “dichiarata” con ciò chiarendo soltanto parzialmente quali debbano essere i soggetti destinatari.

Trattandosi di contributi che dovranno, in numerosi casi, essere erogati in via automatica, si ritiene che l’Agenzia opererà tale verifica attingendo alle proprie banche dati, non potendo però fare riferimento all’istanza già presentata entro agosto, che non conteneva tale informazione.

Dalla relazione tecnica al decreto emerge che la stima dello stanziamento per il contributo - per i soggetti che hanno già presentato l’istanza - sia stata effettuata sulla base della dichiarazione del codice Ateco pervenuta all’Agenzia, come attività prevalente in base ai modelli variazioni dati Iva (AA7/AA9). Per la stima dei contributi da corrispondere ai nuovi richiedenti la relazione fa riferimento ai dati attinti dagli ultimi modelli dichiarativi presentati (Redditi/2019 e Iva/2020).

Attività prevalente diversa da quella dichiarata
Ci sarebbe inoltre da chiedersi come ci si debba comportare nel caso in cui l’attività prevalente non corrisponda a quella dichiarata. In attesa di chiarimenti una possibile contromisura pare essere quella di presentare tempestivamente variazione dati Iva ed eventualmente integrare la dichiarazione Iva presentata.

Attività principale variata nel corso del 2020
È possibile che nel corso del 2020 l’attività principale sia variata quale effetto della crisi subita dall’attività prevalente esercitata nel 2019: in questo caso è auspicabile che il contributo sia comunque fruibile in aderenza alla ratio della norma.


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