Obblighi informativi, spetta alla società provare il danno dell’ad
Spetta alla società provare il danno se l’amministratore tace sul rapporto di parentela con un membro dell’organo di consulenza che si deve esprimere sulla convenienza di un’operazione di finanziamento di società estere.
La Cassazione, con la sentenza 14072, respinge il ricorso della Spa, che contestava la responsabilità dell’ad per aver agito in conflitto di interessi omettendo di riferire il dato importante della parentela. Una condotta che, ai fini dell’affermazione di responsabilità, anche il Tribunale con il verdetto impugnato aveva inquadrato nella violazione degli obblighi di informazione, previsti dall’articolo 2391 (quarto comma) del Codice civile: “collocazione” che faceva scattare l’onere della prova riguardo al danno cagionato da vertice alla società e al nesso causale.
Tasselli che la ricorrente non fornisce. I giudici respingono la tesi della difesa secondo la quale rientrerebbero nell’obbligo informativo tutte le ipotesi di interesse dell’amministratore nell’operazione oggetto di delibera del Cda: compresi i legami di famiglia con i consulenti incaricati dalla compagine. In più in caso di inadempimento degli obblighi informativi ci sarebbe un’inversione dell’onere della prova rispetto al danno presunto.
Ma per la Cassazione così non è. Il tribunale ha correttamente rilevato che nessuno aveva contestato l’esistenza di un vantaggio patrimoniale dell’amministratore delegato nell’operazione di finanziamento della società estera. Né erano emerse prove di un nesso tra l’inadempimento lamentato e il danno ipotizzato. E non è possibile alcuna inversione dell’onere della prova
Cassazione, sentenza 14072/2018