Controlli e liti

Omesso versamento Iva calcolato sul rigo VL 38

Per la sentenza 31367/2021 della Cassazione l’elemento determinate nel reato è il totale dell’imposta dovuta

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

L’importo rilevante per il reato di omesso versamento dell’Iva è quello risultante dal rigo VL 38 della dichiarazione annuale. Se poi il debito risulta inferiore alla soglia di punibilità in conseguenza dell’artificiosa indicazione di maggiori versamenti periodici questo fatto non influisce sul delitto di omesso versamento, ma può integrare la dichiarazione infedele

A fornire queste interessanti precisazioni è la Corte di cassazione con la sentenza 31367/2021, depositata il 10 agosto.

Al rappresentante legale di una srl veniva contestato l’omesso versamento dell’Iva a norma dell’articolo 10 ter del Dlgs n. 74/2000 e, in tale contesto, il pubblico ministero richiedeva il sequestro preventivo.

Il giudice rigettava la richiesta del Pm, che invece veniva confermata dal Tribunale del riesame, cui si appellava la Procura della Repubblica.

In particolare, secondo la tesi difensiva e del Gip, ai fini della commissione del delitto in esame l’importo rilevante era riportato al rigo VL 38 (Totale Iva dovuta), mentre secondo la tesi accusatoria occorreva fare invece riferimento a quanto riportato nel rigo VL 3 (Imposta dovuta). Gli ulteriori importi (sostanzialmente gli acconti versati nell’anno di cui al rigo VL 30) rilevavano soltanto per verificare il superamento della soglia di punibilità.

Nel caso di specie, peraltro, e da qui verosimilmente la tesi accusatoria, il contribuente aveva indicato degli importi quali versamenti periodici in realtà mai corrisposti.

Nel ricorso per cassazione l’interessato eccepiva, in estrema sintesi, un’errata individuazione dell’imposta dovuta.

La suprema Corte ha accolto il ricorso. Secondo i giudici di legittimità, ai fini del reato di omesso versamento rileva solo il debito dichiarato dal contribuente come dovuto.

Nel caso in cui la dichiarazione contenga dati non veritieri, che determinino un debito inferiore alla soglia di punibilità, occorrerà valutare la sussistenza del diverso reato di dichiarazione infedele o fraudolenta.

In concreto, quindi, se dalla indicazione di falsi pagamenti è dichiarato un debito diverso da quello effettivo non è integrato il reato di omesso versamento, bensì uno dei delitti dichiarativi.

Secondo la norma (articolo 1, lett. b, del Dlgs n. 74/2000), infatti, per elementi attivi o passivi si intendono le componenti espresse in cifra che incidono sulla determinazione dell’imposta dovuta.

La Corte di cassazione ha così precisato che la minore gravità del reato di omesso versamento rispetto ai delitti dichiarativi deriva proprio dalla circostanza che è il contribuente a riconoscersi debitore nei confronti dell’erario.

E infatti, proprio per tale ragione, i reati di dichiarazione infedele o fraudolenta sono puniti con pene più severe.

Ne consegue così che, se la contestazione riguarda il mancato pagamento dell’Iva, ai fini del superamento della soglia di punibilità rileva solo il debito indicato nel rigo VL38 e ciò anche se determinato dalla falsa indicazione di pagamenti.

Nelle specie, il debito dichiarato dal contribuente era inferiore alla soglia di punibilità (250mila euro) e ciò perché erano stati indicati versamenti mai eseguiti.

Tuttavia, poiché la richiesta di sequestro era fondata soltanto sulla diversa Iva a debito indicata nel rigo VL 3 (e non Iva dovuta), il ricorso doveva essere accolto.

La pronuncia è interessante perché chiarisce due aspetti particolarmente controversi:

l’esatta individuazione dell’ipotesi delittuosa, per la quale i falsi pagamenti indicati possono al più rilevare per i reati dichiarativi;

per il calcolo del superamento della soglia di punibilità, la quale per il reato di omesso versamento Iva va verificata rispetto al debito indicato al rigo VL 38.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©