Controlli e liti

Omesso versamento, con la riforma fiscale meno margini per far scattare il reato tributario

Con la delega fiscale regole e sanzioni saranno modificate tenendo conto del doppio fronte. Prevista anche l'attenuazione del reato di omesso versamento

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

Attenuazione dei reati di omesso versamento e maggiore integrazione tra procedimento tributario e penale. Sono questi, in estrema sintesi, i criteri direttivi cui saranno improntate le modifiche del regime penale tributario previste dalla delega fiscale attesa oggi in Consiglio dei ministri.

Omessi versamenti

Viene prevista la revisione dell’effettiva sussistenza dell’elemento soggettivo, nell’ipotesi di sopraggiunta impossibilità di pagamento del tributo, non dipendente da fatti imputabili al contribuente. Ancorché non sia espressamente esplicitato, appare abbastanza evidente che il riferimento sia ai reati di omesso versamento (Iva e ritenute) per i quali la giurisprudenza di legittimità, anche a sezioni unite, ha imposto la ricorrenza di circostanze abbastanza stringenti per l’esclusione della responsabilità del contribuente inadempiente.

Va detto che con la riforma del diritto penale tributario del 2000 tali delitti omissivi non erano stati inizialmente previsti, sia perché sono già sanzionati adeguatamente sotto il profilo tributario, sia perché si tratta di inadempimenti in genere conseguenti a crisi di liquidità. E infatti il contribuente giunge quasi ad autodenunciarsi, dichiarando esattamente tutto quanto deve versare, ma omettendone successivamente il pagamento (con la certezza quindi di essere scoperto).

La legge delega non prevede un “ritorno al passato”, ma verosimilmente affida al legislatore delegato il compito di esplicitare delle cause di esclusione dell’elemento soggettivo del delitto allorché l’omissione non dipenda da comportamenti volontari del contribuente.

Integrazione tra procedimenti

Sotto questo profilo la delega interviene su vari punti. Innanzitutto sull’entità della sanzione complessivamente irrogabile al contribuente che, nei fatti, pur commettendo una sola violazione viene punito varie volte. Il legislatore delegato dovrà tener conto anche delle sanzioni accessorie e, soprattutto, del divieto di ne bis in idem, evitando forme di duplicazione.

Inoltre dovrà essere disciplinato un maggiore travaso delle informazioni tra il procedimento penale e quello tributario in conseguenza dell’introduzione della testimonianza scritta in ambito tributario (fino a qualche mese fa vietata). Probabilmente si potrebbe prevedere (ma il condizionale è d’obbligo) che le parti possano utilizzare nel processo tributario la testimonianza resa in quello penale. In realtà oggi tale “travaso” è consentito trattando quanto risultante dalla testimonianza penale quale documento utilizzabile nel processo tributario.

Dovrebbero poi essere introdotte maggiori garanzie nei confronti del contribuente che effettua il pagamento a rate del debito tributario. Al riguardo la delega prevede:

- un allineamento dei termini previsti per la rateazione rispetto a quelli necessari per ottenere la non punibilità o l’attenuazione della pena (articoli 13 e 13-bis del Dlgs 74/2000);

- nel caso di regolare pagamento delle rate, l’impossibilità di eseguire il sequestro preventivo (ovvero di revocare il provvedimento già eseguito) nei confronti del contribuente (come spesso avviene attualmente) per la parte ancora non versata, anche prima dell’esercizio dell’azione penale e quindi, in sostanza, anche nella fase delle indagini preliminari.

Dovrà poi essere disciplinata l’esclusione o la riduzione della sanzione nel caso in cui il contribuente adotti volontariamente un efficace sistema di prevenzione del rischio fiscale, anche non possedendo i requisiti per rientrare nell’adempimento collaborativo.

Infine, il giudice penale dovrà tener conto delle definizioni raggiunte in occasione delle adesioni o delle conciliazioni che comportano l’irrilevanza del fatto sotto il profilo penale, potendo discostarsene solo con congrua motivazione. Tale attenzione agli accordi conclusi con il fisco da parte dei giudici in realtà già si verifica nella gran parte dei casi. Vi è solo da sperare che la codificazione di tale obbligo non scoraggi (involontariamente) l’agenzia delle Entrate a definire gli accertamenti in adesione o le liti in conciliazione, stante la sua dichiarata rilevanza sotto il profilo penale che potrebbe comportare una maggiore responsabilità verso i funzionari incaricati.

Modifiche comuni alle sanzioni amministrative

1) maggiore integrazione tra sanzioni tributarie e penali, tenendo conto anche delle sanzioni improprie e accessorie, sia per la loro applicazione sia per i profili processuali, evitando forme di duplicazione incompatibili con il divieto di bis in idem;

2) revisione rapporti tra processo penale e processo tributario, anche alla luce dell’introduzione della testimonianza scritta nel processo tributario; 3 adeguamento della tempistica della non punibilità e delle attenuanti all’effettiva durata dei piani di estinzione dei debiti tributari, prevedendo la possibilità di non disporre il sequestro;

4) esclusione o riduzione sanzioni in caso di volontaria adozione di un efficace sistema di prevenzione del rischio fiscale

Modifiche ad hoc per i reati

1) revisione sussistenza elemento soggettivo, nei casi di omesso pagamento, non dipendente da fatti imputabili al contribuente;

2) obbligo del giudice penale di tenere conto delle adesioni e conciliazioni implicanti l’irrilevanza del fatto ai fini penali, salva la possibilità di motivare lo scostamento

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