Imposte

Operatore «inattivo», l’Avvocato generale della Corte di giustizia contrario al blocco della detrazione Iva

di Andrea Taglioni

È contraria alla direttiva comunitaria una norma interna che nega il diritto alla detrazione dell’Iva al contribuente che ha assolto l’imposta sul valore aggiunto su operazioni con un operatore dichiarato inattivo benché la dichiarazione di inattività del soggetto passivo interessato sia pubblica e facilmente accessibile nello Stato membro e fondata sulla sussistenza di un rischio di evasione fiscale.
È questa la conclusione depositata ieri dall’Avvocato generale e su cui dovrà pronunciarsi la Corte Ue nella causa 101/16.
La vicenda finita all’attenzione della Corte di Giustizia fa seguito al diniego ad una società, da parte delle autorità tributarie rumene, del diritto alla detrazione dell’Iva su prestazioni ricevute da una società che, in base alla normativa rumena, era stata dichiarata inattiva.
In base alla normativa interna, il soggetto passivo che acquista beni o servizi da un altro soggetto passivo stabilito in Romania perde il diritto alla detrazione se quest’ultimo viene iscritto nel registro degli inattivi.
La Corte di appello rumena, a seguito della conferma dei provvedimenti che avevano negato il diritto alla detrazione, ha ritenuto che la questione venisse sottoposta alla Corte Europea chiamata a stabilire se fosse compatibile con la direttiva comunitaria il diniego di detrarre l’Iva assolta su operazioni poste in essere con soggetti ritenuti inattivi in base all’ordinamento interno.
Il ragionamento dell’avvocato generale pone innanzitutto in evidenza che negare il diritto alla detrazione dell’Iva assolta a monte è un’eccezione all’applicazione del principio fondamentale che tale diritto rappresenta. Quest’ultimo è derogabile solamente se, l’inosservanza dei requisiti formali impediscono la verifica delle condizioni sostanziali sottostanti al diritto alla detrazione e, se, tale diritto viene esercitato nella consapevolezza di partecipare ad una frode o ad un abuso.
Non viene messo in discussione, quindi, l’importanza che assume la consultazione dell’elenco, ma gli effetti che ricadono sul contribuente in caso di mancata attivazione della misura.
In particolare, spetta sempre all’autorità tributaria effettuare i controlli ed eventualmente sanzionare il soggetto che ha commesso l’irregolarità o l’evasione e, quindi, secondo l’Avvocato, appare non proporzionata, per le finalità che vuole perseguire, una normativa che inibisce la possibilità di detrarre l’Iva sulle operazioni concluse con soggetti dichiarati inattivi. Ciò anche in considerazione che una simile disposizione determinerebbe una presunzione assoluta di partecipazione ad un’evasione fiscale.
L’altra problematica affrontata riguarda la decorrenza, in relazione alle medesime fattispecie, degli effetti laddove la Corte dovesse confermare le conclusioni dell’Avvocato generale.
Sul punto, a meno che non ricorrano rischi di gravi inconvenienti e la male fede degli interessati, la sentenza che dovesse accogliere le conclusioni rassegnate produrrebbe effetti sostanziali anche sui rapporti giuridici sorti e costituiti prima della pronuncia.
Se la Corte dovesse convalidare le conclusioni sarebbe auspicabile un ripensamento da parte dell’amministrazione finanziaria che nei vari provvedimenti di prassi ravvisa, quale presupposto sostanziale per le operazioni con soggetti appartenenti all’Unione Europea, l’iscrizione al Vies.

Le conclusioni dell’Avvocato generale nella causa C-101/16

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