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Operazione extra Ue, recupero dell’Iva solo con doppio diritto alla detrazione

Le indicazioni della Corte di giustizia: diritto alla detrazione dell’Iva sia nel Paese del fornitore che in quello di fornitura

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di Francesco D'Alfonso

In caso di operazioni effettuate fuori dal territorio di uno Stato membro, ai fini del recupero della relativa imposta è necessario che le stesse diano diritto alla detrazione dell’Iva sia nel Paese del fornitore che in quello di fornitura. Tale principio può desumersi, tra le altre cose, dalla sentenza della Corte di giustizia della Ue del 24 gennaio 2019, causa C 165/17, in materia di determinazione del pro-rata Iva. In tale sentenza viene affermato, in sostanza, che in alcuni casi il pro-rata di detrazione della casa madre che si trova in uno Stato membro o della succursale di questa, stabilita in un altro Stato membro, costituenti un unico e medesimo soggetto passivo ai fini dell’Iva, viene influenzato anche dalle operazioni effettuate dall’altra impresa, posta in un diverso Stato membro.

In merito a tale tematica, i giudici unionali avevano inizialmente affermato che una società la cui sede principale sia situata in uno Stato membro non può prendere in considerazione, ai fini della determinazione del pro-rata di detrazione Iva ad essa applicabile, il volume d’affari realizzato dalle sue succursali stabilite in altri Stati membri, poiché le modalità secondo cui deve avvenire il calcolo di tale frazione rientrano nella sfera di applicazione della normativa nazionale in materia di Iva cui un’attività o un’operazione deve essere fiscalmente collegata (Corte di giustizia della Ue 12 settembre 2013, causa C-388/11).

Ciò anche in virtù del fatto che gli acquisti realizzati dalla casa madre non hanno, in linea di principio, alcun collegamento con le attività delle succursali stabilite in altri Stati membri, per cui l’impiego, nel calcolo del pro-rata di detrazione relativo alla stessa, del volume d’affari realizzato da queste ultime falserebbe il valore di tale rapporto.

Ciò nondimeno, la Corte di giustizia ha successivamente chiarito che tale affermazione non vale in via generale, dal momento che le operazioni a valle realizzate da uno dei due soggetti in questione possono in realtà presentare un nesso diretto e immediato con le spese sostenute dall’altro, a patto tuttavia che le stesse conferiscano un diritto a detrazione anche laddove effettuate nello Stato di stabilimento della succursale.

Conseguentemente, la Corte di giustizia della Ue ha affermato che, in caso di spese sostenute da una succursale stabilita in uno Stato membro le quali siano destinate, in via esclusiva, sia ad operazioni assoggettate ad Iva sia ad operazioni esentate da tale imposta realizzate dalla casa madre della stessa, stabilita in un altro Stato membro, nel denominatore del pro-rata di detrazione della succursale andrà indicato il volume d’affari, al netto dell’Iva, costituito da tali ultime operazioni, mentre al numeratore del medesimo andranno riportate le operazioni soggette ad imposta realizzate dalla casa madre che conferirebbero un diritto a detrazione anche qualora fossero effettuate nello Stato membro di stabilimento della succursale (Corte di giustizia della Ue 24 gennaio 2019, causa C-165/17).

Allo stesso modo, nel caso di spese generali sostenute da una succursale stabilita in uno Stato membro e che concorrono alla realizzazione sia delle operazioni di tale succursale effettuate in detto Stato sia delle operazioni realizzate dalla casa madre della stabile organizzazione in un altro Stato membro, il pro-rata di detrazione sarà formato, al denominatore, dalle operazioni della succursale effettuate nel proprio Stato nonchè da quelle realizzate dalla casa madre stabilita in un altro Stato membro e, al numeratore, dalle operazioni soggette ad imposta effettuate dalla succursale nel proprio Stato membro nonché da quelle realizzate dalla casa madre stabilita in un altro Stato membro per le quali è previsto il diritto a detrazione anche qualora fossero effettuate nello Stato di stabilimento della succursale.

A tali ultime conclusioni la Corte di giustizia della Ue giunge tuttavia sul presupposto che «le operazioni di un soggetto passivo effettuate in uno Stato membro diverso dallo Stato nel quale l’Iva è dovuta o pagata per i beni e i servizi utilizzati ai fini della realizzazione di queste operazioni vengano tassate nel primo dei suddetti Stati membri e, dall’altro, che tali operazioni siano del pari tassate qualora vengano effettuate nel secondo dei suddetti Stati», fornendo quindi una interpretazione dell’articolo 169, lettera a), della direttiva 2006/112/Ce, trasfuso nella normativa nazionale all’articolo 19, comma 3, lettera b), del Dpr 633/1972, diversa da quella finora utilizzata.

In particolare, dalla descritta sentenza della Corte Ue si desume che un soggetto passivo stabilito in uno Stato membro che effettua al di fuori di quest’ultimo Paese operazioni che se realizzate nel proprio Stato darebbero diritto alla detrazione dell’imposta non può portare in detrazione l’Iva pagata in tale ultimo Stato membro qualora dette operazioni non conferiscano il diritto al recupero della relativa imposta anche nello Stato membro in cui avviene la fornitura.