Imposte

Operazioni Iva inesistenti, senza danni all’Erario sanzione da proporzionare

di Andrea Taglioni

Non è conforme ai principi di proporzionalità la sanzione equivalente all’importo dell’Iva indebitamente detratta a seguito di operazioni inesistenti, qualora la corrispondente imposta sul valore aggiunto, riguardante la medesima operazione, sia stata assolta dal cedente e non vi sia alcun danno all’Erario. E lo stesso principio vale anche con riferimento alla sanzione irrogata sulle fatture illegittimamente emesse rimanendo ferma, però, la possibilità di sanzionare penalmente la condotta.

All’amministrazione non è precluso irrogare la sanzione, ma questa deve essere adeguata e non eccedere quanto necessario per garantire l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare l’evasione. Oltretutto, in caso di operazioni fittizie, una lettura sistematica della direttiva comunitaria permette, a fronte del riconoscimento del debito d’imposta sottostante all’operazione fattura e alla corrispondente indetraibilità dell’Iva, che sia riconosciuta la possibilità di rettificare il debito d’imposta qualora venga esclusa la perdita di gettito fiscale.
È questa la conclusione depositata ieri dall’avvocato generale su cui dovrà pronunciarsi la Corte Ue nella causa C 712/17.

La problematica, che ha imposto il rinvio alla Corte, è stara sollevata dalla Ctr Lombardia con l’ordinanza 1714/1/2017. In sintesi era accaduto che l’agenzia delle Entrate aveva contestato l’indetraibilità dell’Iva in relazione ad operazioni meramente cartolari effettuate allo scopo di aumentare i valori contabili e quindi accedere a finanziamenti bancari. Inoltre, i passaggi fra le varie società si sarebbero concluse con il riacquisto da parte dello stesso soggetto dell’energia apparentemente ceduta. In sostanza, l’Iva indicata nelle fatture emesse veniva versata dal cedente e portata in detrazione dal cessionario.

Da qui la necessità dei giudici lombardi di sapere se la normativa italiana, che prevede che il cedente versi l’Iva senza la possibilità di chiederne il rimborso e il cessionario non detragga l’imposta con l’irrogazione di una sanzione equivalente all’imposta contestata, sia compatibile, anche per effetto della “circolarità” delle cessioni e nessun danno erariale, con la neutralità dell’imposta e con i principi comunitari.

Il ragionamento dell’avvocato generale non si fonda sulla sussistenza o meno dei presupposti per esercitare il diritto alla detrazione, che nel caso specifico viene negata per effetto condotta fraudolenta, quanto, piuttosto, sul momento a sorgere del quale la rettifica del debito Iva può essere esercitata e sulla proporzionalità della sanzione equivalente all’importo dell’Iva illegittimamente detratta.

A questo proposito, la possibilità di rettificare l’imposta è subordinata all’effettivo accertamento dell’assenza di un rischio di perdere l’entrata fiscale.

Relativamente all’aspetto sanzionatorio e, indipendentemente dallo specifico rischio o danno per il gettito, la sanzione va comunque applicata ma, nella sua quantificazione, si deve tener conto del principio di proporzionalità che non può essere rispettato se non si tiene anche conto dell’Iva versata a valle. Se venisse confermato tale principio la normativa italiana, che prevede l’applicazione di una sanzione pari, con le nuove disposizioni, al 90% dell’ importo non detraibile , risulterebbe contraria alla direttiva comunitaria.

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