Contabilità

Operazioni straordinarie al riparo dal rischio-elusione

di Michele Brusaterra


Non è vietato e non è punito il risparmio fiscale qualora esso sorga da operazioni, poste in essere dal contribuente, che risultino avere pari «dignità» fiscale rispetto ad altre, più onerose.

L’agenzia delle Entrate, attraverso la risoluzione n. 97/E del 25 luglio 2017, analizza il caso di una società che decide di scindersi in due: da una parte la scissa mantiene l’attività oggetto del core business della stessa, mentre nella beneficiaria, composta dai medesimi soci della scissa, con le medesime quote di partecipazione al capitale e agli utili e senza conguagli in denaro, confluiscono tutta una serie di beni immobili detenuti dalla scissa stessa.

Una volta effettuata l’operazione di scissione, i soci intendono cedere, a un altro soggetto, tutte le proprie quote detenute nella scissa. Vengono mantenute, però, le quote di partecipazione nella beneficiaria che, tra le altre, concede in locazione l’immobile, in cui veniva già svolta l’attività da parte della scissa, al cessionario.

Tale operazione nasce dall’esigenza di cedere, al soggetto cessionario, la sola attività «produttiva» e non anche il patrimonio immobiliare a cui il cessionario stesso non è interessato. Una volta effettuata la scissione, però, i soci, che devono cedere le quote di partecipazione detenuta nella scissa, pongono in essere anche l’operazione di rideterminazione del valore fiscale delle stesse partecipazioni.

Chiesto il parere all’agenzia delle Entrate sull’abusività o meno dell’operazione, l’Ufficio, facendo dapprima presente che in linea generale un’azienda o un ramo della stessa, può circolare o attraverso una cosiddetta cessione diretta della stessa oppure attraverso una cessione indiretta, ossia attraverso la cessione, appunto, delle partecipazioni, afferma che «questi due diversi regimi fiscali, limitatamente alla circolazione dell’azienda, risultano alternativi in quanto, sebbene comportino criteri di imputazione del reddito imponibile, valori fiscali e carichi fiscali differenti, essi costituiscono alternative diverse, tutte poste sullo stesso piano e aventi, quindi, pari dignità fiscale…».

Essendo, quindi, rimessa al contribuente la scelta su quale strada intraprendere, l’eventuale vantaggio fiscale che dovesse essere conseguito non può essere classificato, ai fini delle imposte dirette, di per sé come indebito.

Pertanto, sottolinea ancora l’Agenzia, non può essere imposto a una persona fisica interessata alla «monetizzazione dell’azienda», o di un ramo di essa, di far circolare l’azienda stessa, o il ramo d’azienda, esclusivamente attraverso la sua cessione cosiddetta diretta, con un doppio aggravio fiscale: il primo in capo all’ente societario che cede l’azienda o il ramo di essa, e che subisce la tassazione sulla plusvalenza eventualmente realizzata, il secondo in capo alla persona fisica-socio, sulla distribuzione degli utili afferenti a detta cessione.

Pertanto, la scissione di una società, la successiva cessione delle quote di una delle due - scissa o beneficiaria - con previa rivalutazione delle quote stesse, è un’operazione che non configura abuso di diritto o elusione fiscale da un punto di vista delle imposte dirette.

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