Controlli e liti

Pace fiscale, il rischio del doppio binario per i giudizi in Cassazione

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di Giorgio Infranca


Se il contribuente ha vinto in primo e in secondo grado ma non è stato ancora instaurato - alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto - il giudizio di Cassazione, la controversia è definibile con il pagamento del 15% dell’imposta. Diversamente, il contribuente che si trova nella medesima situazione (vittoria in primo e vittoria in secondo grado) ma con giudizio già pendente in Cassazione alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, potrà definire la controversia con il pagamento del 5% dell’imposta. Questa è, in estrema sintesi, una delle conclusioni a cui si può giungere esaminando gli interventi approvati ieri dal Senato in fase di conversione del Dl 119/2018.

Con l’approvazione dell’emendamento n. 6.9 - testo 3 ( clicca qui per consultarlo ), da un lato, sono state apportate modifiche al comma 2 dell’articolo 6 del Dl 119/2018 che hanno comportato un aumento dello “sconto” di imposta nei casi di soccombenza dell’agenzia delle Entrate nel primo grado di giudizio (controversia definibile con il pagamento del 40% dell’imposta) e nel secondo grado di giudizio (controversia definibile con il pagamento del 15% dell’imposta) e dall’altro lato, è stato introdotto il nuovo comma 2-bis ove testualmente si prevede che «le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, per le quali risulti soccombente l’Agenzia delle entrate in tutti i precedenti gradi di giudizio, possono essere definite con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia».
La disparità di trattamento nelle due ipotesi sopra rappresentate appare evidente e nemmeno giustificabile. In entrambi i casi infatti il contribuente ha vinto la “propria partita” in entrambi i gradi di giudizio.

Occorre peraltro considerare che il contribuente totalmente vittorioso nel giudizio di secondo grado, con termini per impugnare ancora pendenti, non avrebbe tecnicamente “interesse ad impugnare” entro la data di conversione del decreto legge e potrebbe quindi attendere solo la notifica di un ricorso per cassazione da parte dell’ente impositore che difficilmente arriverà entro la data di conversione del decreto legge, anche in considerazione della sospensione automatica dei termini di impugnazione prevista espressamente dal comma 11 dell’articolo 6 del Dl 119/2018.

Non pare inoltre si possa sostenere che la ratio dell’intervento sia esclusivamente quella di abbattere le pendenze in Cassazione, anche perché se questo fosse davvero l’obiettivo, si dovrebbero considerare anche le pendenze “potenziali” e quindi scoraggiare l’instaurazione di nuovi giudizi di cassazione.

Non è ancora chiaro infine l’applicabilità del comma 2-bis ai casi di soccombenza parziale. Sul punto, è stata infatti inserita sempre in fase di conversione un’altra disposizione (cfr. emendamento n. 6.100) ove si prevede che «in caso di accoglimento parziale del ricorso o comunque di soccombenza ripartita tra il contribuente e l’agenzia delle Entrate, l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni è dovuto per intero relativamente alla parte di atto confermata dalla pronuncia giurisdizionale e in misura ridotta, secondo le disposizioni di cui al comma 2, per la parte di atto annullata».
Lasciando stare il fatto che dalla lettura dell’emendamento (non è ancora disponibile il testo ufficiale che arriverà alla Camera) anche la disposizione è stata rubricata quale «comma 2 bis», il richiamo finale alle sole «disposizioni di cui al comma 2» sembra far pensare (ma si spera di no) che ai casi di soccombenza parziale non sarebbe applicabile la nuova percentuale del 5% il cui ambito di applicazione sarebbe così limitato – in maniera assolutamente irragionevole - ai soli casi di annullamento totale sia in primo sia in secondo grado della pretesa impositiva.

Se un determinato rilievo dell’Agenzia contenuto in un avviso di accertamento si è rivelato del tutto infondato ed è stato annullato sia in primo grado sia in secondo grado, non si comprenderebbero infatti le ragioni per cui su detto rilievo, qualora il contribuente volesse definire, non si potrebbe applicare la percentuale del 5 per cento. Si auspica che nel passaggio alla Camera si ponga quindi rimedio a queste evidenti distorsioni.

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