PACE FISCALE/2 - Chiusura liti «fai da te» ad alto rischio
Chiusura delle liti pendenti «fai da te» ad alto rischio, sia perché i calcoli da fare sono difficili, sia perché le istruzioni del Fisco l’hanno resa ancora più complicata.
Per l’agenzia delle Entrate, circolare 6/E del 1° aprile 2019, paragrafo 5 determinazione del valore della controversia e degli importi dovuti, «ai fini della determinazione dell’effettivo valore della controversia, vanno comunque esclusi gli importi di cui all’atto impugnato che eventualmente non formano oggetto della materia del contendere».
Senza effetti gli annullamenti se manca l’atto di autotutela
Per l’agenzia delle Entrate, gli annullamenti fatti dall’ufficio, a seguito di proposta di accertamento con adesione, mediazione o conciliazione, sono irrilevanti, con la conseguenza che il valore della lite è quello indicato nell’accertamento originario. E’ chiaro che, in questo modo, la definizione della lite può diventare eccessivamente onerosa e poco conveniente, soprattutto se l’ufficio ha riconosciuto valide le giustificazioni del contribuente, o ha preso atto dell’evoluzione legislativa o giurisprudenziale, riducendo la pretesa impositiva.
Annullamenti fatti dall’ufficio che non sono validi
Sono molteplici i casi in cui gli uffici, a seguito di verbali di contraddittorio, in sede di accertamento con adesione, reclamo mediazione, o conciliazione, hanno riconosciuto valide le giustificazioni del contribuente, riducendo notevolmente la pretesa impositiva indicata nell’originario atto di accertamento. Questi annullamenti sono già indicati negli atti dell’ufficio, ma non contengono la voce “autotutela”. In base alle indicazioni delle Entrate, la mancanza di un atto «formalizzato tramite l’emissione di apposito provvedimento» in autotutela, fa rivivere la pretesa originaria indicata nell’atto di accertamento, cancellando gli annullamenti già riconosciuti dall’ufficio.
Corsa contro il tempo per chiedere l’apposito atto in autotutela
Per agevolare la chiusura delle liti, è importante che l’ufficio confermi gli annullamenti fatti, formalizzando il tutto «tramite l’emissione di apposito provvedimento» in autotutela. Il tempo, però, è molto breve, perché la chiusura delle liti pendenti, salvo proroghe, scade il 31 maggio 2019, e gli uffici sono in grande difficoltà perché il personale disponibile è sempre meno e deve fare fronte al lavoro ordinario e a quello straordinario dei vari condoni. È perciò complicato ottenere in tempi brevi gli annullamenti in autotutela che gli uffici non hanno fatto finora, anche perché quasi nessuno si vuole assumere la responsabilità di emettere un atto di annullamento in autotutela «formalizzato tramite l’emissione di apposito provvedimento».
In questa grande confusione fiscale, sicuramente una delle peggiori degli ultimi 20 anni, l’autotutela, oggi più che mai, appartiene al passato, tanto è vero che alle richieste dei contribuenti spesso gli uffici restano in silenzio. In questo modo, la chiusura delle liti rischia di trasformarsi in un flop, anche perché i contribuenti non intendono correre il pericolo di pagare delle somme e moltiplicare la lite, anziché chiuderla.
Errore scusabile non previsto
Occorre infine segnalare che, per la chiusura delle liti, non è previsto il cosiddetto errore scusabile, e, quindi, un errore nel determinare le somme dovute potrebbe comportare il diniego della definizione. Si può però sperare in un comportamento più tollerabile da parte degli uffici che, in caso di versamento insufficiente, evitino di negare la definizione della lite, a condizione che il contribuente integri il versamento di quanto dovuto. E’ invece paradossale il contrario, cioè quando il contribuente sbaglia a determinare il dovuto e paga di più. In questi casi, è successo che l’ufficio ha considerato valida la definizione, senza segnalare nulla al contribuente.
Il diniego comporta il rimborso di quanto pagato
Il Fisco, che comunica il diniego della chiusura della lite pendente, deve restituire le somme versate e non dovute. Il contribuente che si vede negare la chiusura ha infatti diritto al rimborso. L’eventuale diniego obbliga il Fisco a rimborsare le somme versate dal contribuente per una definizione che non è stata ritenuta valida. Il rimborso spetta se il diniego della sanatoria non è impugnato e non pendono più i termini per impugnarlo.