Pagamenti Pa, stretta sui controlli
Si abbassa la soglia per l’effettuazione del blocco dei pagamenti da parte delle Pubbliche amministrazioni e delle società a totale partecipazione pubblica a favore di contribuenti che hanno pendenze con agenzia delle Entrate-Riscossione.
Dal 1° marzo infatti il blocco avverrà per debiti di ammontare superiore a 5.000 euro e non più 10.000 euro.
La modifica, contenuta nella legge di Bilancio per l’anno in corso (legge 205/2017, articolo 1 comma 986) non aveva infatti decorrenza immediata ma differita al prossimo 1° marzo.
La stessa norma peraltro prevede anche l’aumento del termine per la sospensione del pagamento - finora fissato in 30 giorni - che, sempre dal 1° marzo 2018, si raddoppia in 60 giorni.
Ma vediamo in sintesi il funzionamento della procedura in conseguenza di queste modifiche.
In via generale, le amministrazioni pubbliche e le società a partecipazione pubblica, prima di effettuare a qualunque titolo il pagamento di un importo superiore a 5.000 euro, verificano, anche in via telematica, se il beneficiario sia inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all’agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell’esercizio dell’attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo.
Questa disposizione non si applica alle aziende o società che abbiano ottenuto la dilazione del pagamento.
Sotto il profilo operativo, i soggetti pubblici prima di effettuare, a qualunque titolo, pagamenti di importo superiore a 5.000 euro, inoltrano in via telematica una specifica richiesta all’agenzia delle Entrate-Riscossione per verificare se risultino debitori di somme.
L’ente di riscossione, nei cinque giorni successivi alla richiesta, verifica se il beneficiario risulti moroso in relazione a una o più cartelle di pagamento, per un importo totale pari almeno alle somme suindicate.
Se non risulta un inadempimento, ovvero se l’ente di riscossione non fornisce alcuna risposta entro i cinque giorni, il soggetto pubblico procede al pagamento a favore del beneficiario delle somme ad esso spettanti.
In caso contrario (presenza di cartelle di pagamento non onorate) l’agente della riscossione comunica alla pubblica amministrazione:
l’ammontare del debito inadempiuto;
l’intenzione di procedere al pignoramento presso terzi.
Il soggetto pubblico sospende quindi il pagamento delle somme per i 60 giorni successivi alla comunicazione (finora il termine era di 30 giorni) sino a concorrenza del debito indicato dall’Agenzia; quest’ultima poi notifica il pignoramento presso terzi nelle forme dell’ordine di pagamento di cui all’articolo 72-bis del Dpr 602/73.
In luogo dell’ordinaria notifica del pignoramento (articolo 543 del Codice di procedura civile) l’agente della riscossione può notificare al terzo l’ordine di pagare il credito direttamente nelle mani dello stesso agente (articolo 72-bis del Dpr 602/73).
Se durante la sospensione e prima della notifica dell’ordine di versamento intervengono pagamenti da parte del beneficiario o provvedimenti dell’ente creditore che fanno venir meno l’inadempimento o ne riducono l’ammontare, l’agente della riscossione lo comunica prontamente al soggetto pubblico, indicando l’importo del pagamento che quest’ultimo può conseguentemente effettuare a favore del beneficiario
Da segnalare infine che secondi i giudici di legittimità (Cassazione 8846/2016) nel blocco dei pagamenti non rientrano le somme dovute dall’amministrazione al contribuente a seguito di sentenza. È il caso ad esempio di quando l’agenzia delle Entrate è debitrice del contribuente per effetto di una sentenza tributaria ma, nel contempo, il medesimo contribuente ha somme iscritte a ruolo.
Secondo la Suprema corte l’articolo 48 bis del Dpr 600/73 riguarda esclusivamente la casistica in esso delineata, ed è estranea alle fasi giurisdizionali, e quindi il pagamento in questi casi deve essere eseguito.