Palestre e impianti sportivi, Iva ridotta per le prestazioni del personal trainer
La Corte di giustizia Ue, con sentenza del 22 settembre 2022 (causa C-330/21), si è pronunciata in senso favorevole riguardo all’applicabilità dell’aliquota Iva ridotta per gli istruttori e personal trainer che prestano attività in palestre e impianti sportivi.
La prestazione di servizi che consiste nella concessione del diritto di uso degli impianti sportivi di una palestra e nel fornire assistenza a singoli o gruppi può essere assoggettata ad aliquota Iva ridotta qualora tale assistenza sia connessa all’uso degli impianti della palestra e sia necessaria alla pratica dello sport e dell’educazione fisica o qualora tale assistenza sia accessoria al diritto di uso o all’utilizzo effettivo degli stessi impianti.
Del resto, lo sport e l’educazione fisica godono di un’aliquota agevolata al fine di favorire la tutela della salute e rendere le prestazioni accessibili a tutti i consumatori, essendo inclusi al punto 14 dell’allegato III alla direttiva 2006/112/Ce.
Sicché, l’agevolazione può essere estesa – oltre che all’accesso alla palestra che attribuisce il diritto a utilizzare le attrezzature sportive – anche ai servizi di assistenza ai clienti per l’uso responsabile delle medesime, e all’assistenza personalizzata e ai corsi collettivi purché siano da intendersi come accessori alla prestazione principale dell’utilizzo degli impianti.
La nozione di prestazione accessoria
I giudici europei, richiamando i precedenti della Corte (causa C-801/19 e causa C-41/04), hanno chiarito che sussiste un’«unica prestazione» quando due o più elementi o atti forniti dal soggetto passivo al consumatore, considerato come consumatore medio, sono a tal punto strettamente connessi da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica indissociabile la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale.
Ciò avviene anche quando una o più prestazioni costituiscono una prestazione principale e la o le altre prestazioni costituiscono una o più prestazioni accessorie cui si applica lo stesso trattamento fiscale della principale. In particolare, una prestazione deve essere considerata accessoria a una principale quando costituisce per la clientela non già un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore. A tal proposito, è irrilevante che, in altre circostanze, gli elementi che compongono una tale operazione possano essere forniti separatamente e siano considerati come distinti e indipendenti.
Nel caso di specie, la Corte Ue ha già affermato che prestazioni connesse alla pratica dello sport e dell’educazione fisica devono essere considerate, per quanto possibile, nel loro insieme (causa C-55/14): in ogni caso, spetta al giudice del rinvio nazionale valutare in via definitiva, sulla base degli elementi caratteristici dell’operazione di cui si tratta, le modalità in cui essa si svolge.
Riguardo all’ordinamento interno, occorre rilevare che non vi è un’aliquota Iva ridotta per lo sport: in base all’articolo 4 del Dpr 633/72 la quota sociale per gli impianti sportivi privati è da considerare fuori campo Iva. Per i corsi di insegnamento specifici, invece, vi è l’esenzione Iva solo se questi rientrano nella nozione di «insegnamento scolastico o universitario» di cui all’articolo 132, direttiva 2006/112/Ce e all’articolo 10, comma 1, n. 20, del Dpr 633/1972: sul punto, i corsi che abbiano un carattere puramente ricreativo sono assoggettati a Iva in misura ordinaria.
Dalla pronuncia della Corte di giustizia emerge la necessità di porre una maggiore attenzione – favorendone la promozione anche attraverso la previsione di un’aliquota Iva agevolata – ai settori sportivi, che sul piano interno sono già esclusi dall’esenzione dall’imposta.