Contabilità

Partecipate, rischio stop al Senato

di Gianni Trovati

Il Parlamento si appresta a «promuovere» il nuovo slittamento al 30 settembre per l’avvio dei piani di razionalizzazione delle partecipate, ma chiede di cancellare il potere dei presidenti di Regione di escludere dai tagli le proprie società e di limitare la possibilità di operare fuori dal territorio di riferimento solo alle aziende che per ottenere l’affidamento hanno vinto una gara.

Suonano così i contenuti chiave della bozza di parere, relativa al decreto correttivo della riforma delle partecipate attuativo della delega Madia, preparata dalla commissione Affari costituzionali del Senato (la relatrice è Linda Lanzillotta, del Pd); su un’impostazione simile sta lavorando anche la commissione Bilancio della Camera (lì il relatore è Mauro Guerra, sempre del Pd). I due pareri dovrebbero andare al voto oggi, dopo di che la palla tornerà al governo per le scelte finali e l’approvazione in seconda lettura.

Oltre ai temi in gioco, a rendere delicato il passaggio saranno le decisioni finali su quali indicazioni far rientrare nelle «osservazioni», che si possono assimilare a suggerimenti, e quali invece fissare come «condizioni», che hanno un peso maggiore. Se il governo vuole ignorarle, infatti, è tenuto a un nuovo passaggio parlamentare per spiegare le ragioni della sua scelta.

La questione si incrocia con l’intesa con Regioni ed enti locali, imposta dalla sentenza 251/2016 della Corte costituzionale per i provvedimenti attuativi della delega Pa che intrecciano le competenze territoriali. L’intesa sul correttivo delle partecipate è stata ottenuta a metà marzo: per rivederne i contenuti, il governo dovrebbe riavviare la trattativa con il rischio di sforare i tempi per il varo del correttivo, e dunque per l’avvio effettivo della riforma.

Nell’accordo raggiunto con Regioni ed enti locali si prevede di far slittare l’avvio dei piani di razionalizzazione al 30 settembre e di salvare per tre anni le società che fatturano più di 500mila euro, facendo salire la soglia a un milione solo fin dal 2020. Fin qui, il Parlamento non pone obiezioni, ma nella bozza del Senato si pone come «condizione» il ripensamento di altre due contenuti dell’intesa: la possibilità, chiesta a gran voce dai governatori, di scegliere quali società regionali escludere dai tagli e l’apertura alle partecipate delle gare in tutto il territorio nazionale, chiesta dai sindaci. Due punti che rischiano di far inciampare ancora la riforma.

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