Adempimenti

Passaggio al regime forfettario alla prova delle rimanenze di beni e servizi

di Stefano Mazzocchi

I contribuenti già in attività che per il 2019 decidano di optare per il regime forfettario sono chiamati ad effettuare determinate scelte e ai conseguenti adempimenti, pena l’esclusione dall’ambito applicativo della nuova disciplina.

La soglia di ricavi o compensi
Il primo passaggio attiene alla verifica quantitativa della soglia di componenti positivi imputati al periodo d’imposta 2018. Il limite – fissato a 65mila euro - dev’essere conteggiato (ragguagliato) in ragione d’anno e verificato applicando il criterio d’imputazione in vigore sulla base del regime contabile fiscale adottato. Pertanto non si riscontrerà alcun problema nel caso in cui il regime fiscale richiedesse l’imputazione per cassa, mentre qualche preoccupazione in più ci potrebbe essere qualora il contribuente abbia imputato gli elementi economici per competenza. In questo caso, sarà necessario che il contribuente memorizzi gli elementi già imputati nel 2018 per competenza al fine di evitare fastidiose duplicazioni d’imposta nel 2019 (quando lo stesso elemento sarà magari incassato).
Una volta superato questo scoglio, le tematiche principali di raccordo fra il vecchio e il nuovo regime forfettario sono sostanzialmente due: le questioni ai fini Iva e quelle reddituali.

La rettifica Iva
Ai fini Iva, con il passaggio dal regime ordinario a quello forfettario sarà obbligatorio effettuare la rettifica prevista dall’articolo 19-bis 2 del Dpr 633/72 in un’unica soluzione nella dichiarazione Iva da presentare per il 2018. In questa dichiarazione dovranno poi essere incluse anche le operazioni che presentino un’esigibilità differita: stiamo parlando delle operazioni all’articolo 6, comma quinto, del Dpr 633/72 (operazioni la cui esigibilità si verifica al momento del pagamento) e le fatture emesse che scontino il regime Iva per cassa (articolo 32-bis, Dl 83/2012). In questo caso, nella dichiarazione annuale si renderà necessario scontare l’Iva esposta nelle fatture che non siano state ancora incassate al 31 dicembre 2018. Nel caso in cui la dichiarazione Iva presenti una eccedenza a credito, il contribuente potrà alternativamente compensare tale importo oppure chiederlo a rimborso, a prescindere dal fatto che scattino i presupposti all’articolo 30 del Dpr 633/72. Infatti - come ricordato dall’Agenzia nella circolare 10/E/2016 al paragrafo 4.1.3 - il comma 63 dell’articolo 1 della legge 190/2014 rappresenta «un ulteriore presupposto di rimborso».

La cessione di beni ammortizzabili
Passando alle questioni reddituali, è necessario ricordare che non assumono rilevanza fiscale nel regime in questione, eventuali componenti straordinari collegabili alla cessione di beni ammortizzabili acquistati antecedentemente alla scelta per il forfait. Tanto è vero che la norma prevede, al contrario, che tutte le quote residue dei componenti positivi o negativi non ancora tassate o non dedotte debbano essere necessariamente imputate al periodo d’imposta antecedente all’ingresso, da parte del contribuente, nel regime forfettario.

Rimanenze di beni e servizi
Tra l’altro è bene ricordare che concorreranno al reddito imponibile per il 2018 anche le rimanenze di beni o servizi esistenti. Unica eccezione, invece, è costituita dalla sospensione degli ammortamenti dei beni strumentali all’attività al momento dell’ingresso nel nuovo regime. Infatti questo valore viene “congelato” e in caso di futura cessione del bene, una volta usciti dal regime di favore il costo fiscale sarà pari al valore residuo non ancora ammortizzato risultante nel periodo d’imposta antecedente all’ingresso nel regime stesso (in tal senso depone il comma 72 della legge 190/2014).

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