Patti di famiglia, letture rigide anche sul contratto ma la legge non ha posto paletti
La continuità d’impresa può riguardare qualsiasi quota di capitale di tutte le società
La lettura dell’articolo 3, comma 4-ter, Tus, che l’agenzia delle Entrate effettua nella risposta 552/2021, pur se rilevante solo in campo tributario, spinge a riflettere anche sulla contrastata interpretazione della norma, di cui all’articolo 768-bis del Codice civile in tema di patto di famiglia.
È questo infatti un altro caso nel quale la legge, senza null’altro dire, si limita a contemplare il trasferimento, ai propri discendenti, di quote di partecipazione al capitale di società da parte del «titolare di partecipazioni societarie». La norma non parla del fatto che si debba trattare di una quota di partecipazione che conferisce il controllo della società partecipata né parla del suo patrimonio. Eppure, anche in questo caso, argomentando dalla ratio della norma (anch’essa preordinata alla trasmissione inter-generazionale delle aziende), una consistente parte degli interpreti non tollera la stipula del patto di famiglia se la società trasferita non eserciti un’azienda e se la partecipazione trasferita non sia tale da conferire il governo della società trasmessa al beneficiario del patto di famiglia.
Anche la Cassazione, nella sentenza 6591/2021, emanata in materia tributaria (per stabilire se un patto parasociale permettesse di qualificare come “di controllo” le quote di partecipazione oggetto del patto parasociale stesso e, pertanto, di rendere il loro trasferimento mediante patto di famiglia esente da imposta di donazione) si afferma che «il patto di famiglia deve avere ad oggetto una partecipazione che consenta (anche solo potenzialmente) al cessionario di continuare ad esercitare nell’azienda quel potere gestionale già presente in capo al cedente o, comunque, di influire sulle scelte gestionali della società».
Ora, se da un lato è assolutamente vero che il legislatore ha inteso, con la normativa sul patto di famiglia, offrire una disciplina di favore affinché l’attività di impresa non venga compromessa dalla sua trasmissione mortis causa, d’altro lato non può disconoscersi che il legislatore non ha esplicitato nulla di tutto ciò, così fortemente legittimando un’interpretazione della normativa nel senso che essa si applichi, senza distinzione, alla trasmissione con patto di famiglia di qualsiasi quota del capitale sociale di qualsiasi società.
Non avendo il legislatore dettato limitazioni, sembra più plausibile leggere la norma così com’è scritta, piuttosto che leggervi prescrizioni non scritte: il legislatore, mediante il patto di famiglia, avrebbe inteso trattare con favore il trasferimento di quote del capitale di società senz’altro e in quanto tali, nella convinzione che la tutela di questa fattispecie possa rivelarsi particolarmente utile in tutti i casi (ma non solo in essi) in cui la trasmissione di quei beni ponga il beneficiario nella posizione di poter svolgere – se ne abbia l’intenzione e se ne sussistano i presupposti – un’attività imprenditoriale con riferimento alla quota di partecipazione che sia stata oggetto di un patto di famiglia stipulato a suo favore.