Imposte

Pensioni miste, quota estera agevolata

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di Antonello Orlando

La risposta a interpello 353/2019 da parte dell’agenzia delle Entrate fornisce l’occasione per tornare sul tema del regime di fiscalità agevolata per i redditi di pensione, introdotto dalla legge di bilancio del 2019 e ulteriormente sviluppato dal decreto crescita.

La tassazione sostitutiva con aliquota del 7% viene concessa su tutti i redditi, per un totale di nove anni, a coloro che trasferiscono la residenza fiscale in uno dei Comuni delle otto regioni del Mezzogiorno (Sicilia, Calabria, Sardegna, Campania, Basilicata, Abruzzo, Molise e Puglia) con popolazione non superiore a 20mila abitanti a un’unica ulteriore condizione che l’articolo 24-ter del Tuir (Dpr 917/86) pone, vale a dire che questi siano titolari di redditi di pensione erogati da soggetti esteri.

Il protagonista dell’interpello, risultando residente in Portogallo e beneficiando della pensione erogata da Inps, in quanto prodotta da contributi versati in Italia, ha chiesto alle Entrate se, in caso di trasferimento in Italia (magari una volta esaurito il regime di esenzione decennale in Portogallo) potrà fruire della tassazione al 7% di cui alla legge 145/18 (si veda «Il quotidiano delFisco» di ieri). La risposta negativa dell’amministrazione finanziaria si impernia sulla evidenza che, per poter fruire a buon diritto del regime agevolativo, i redditi da pensione devono essere erogati da soggetti pensionistici esteri e non, come nel caso di specie, da Inps, o ancora da Inpgi o da una delle Casse professionali per iscritti ad albo in Italia.

Diverso sarebbe il caso in cui un cittadino italiano fosse emigrato in uno Stato estero, anche convenzionato con l’Italia come gli Usa, e avesse accantonato una pensione presso un ente di social security statunitense. Se questa persona (italiano o straniero) si fosse trasferita in uno dei comuni entro i 20mila abitanti delle otto regioni nominate dalla norma avrebbe goduto dello sconto in esame. Si pone però una ipotesi mediana fra le due già illustrate, ossia quella di un cittadino che avesse contribuito sia all’estero (in un Paese europeo o comunque convenzionato), sia in Italia.

Il regolamento europeo 883/04, così come le singole convenzioni fra l’Italia e i Paesi extra Ue, prevedono non lo spostamento fisico dei contributi (possibile solo, dietro pagamento di oneri, fra gestioni e casse italiane), ma il meccanismo della cosiddetta totalizzazione internazionale. Questa consente a un assicurato di percepire il trattamento dai singoli Stati coinvolti, valorizzando tutti i contributi versati “all’estero”, valutando i contributi esteri ai soli fini del diritto e ricevendo poi in modo progressivo la quota a carico di ciascun Paese secondo le proprie regole di calcolo e al compimento dei requisiti peculiari di ciascun ordinamento.

Nel caso di un assicurato con 23 anni in Italia e 20 in Francia, l’Italia liquiderà la propria quota in convenzione al compimento dei 42 anni e 10 mesi previsti dalla nostra normativa, mentre la Francia corrisponderà la propria pensione (in base ai contributi francesi) tenendo conto dell’anzianità complessiva al compimento del requisito francese.

In questo caso, la quota francese, essendo corrisposta da un ente pensionistico non italiano, sembrerebbe perfettamente integrare i requisiti prescritti dalla norma della flat tax per pensionati, anche se non espressamente esemplificato nell’interpello dall’Agenzia.

Trasferendo la propria residenza in Italia, fruendo di una pensione, anche se in pro rata, di fonte estera, il lavoratore potrà godere del regime di tassazione al 7% su tutti i redditi prodotti all’estero.

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