Per gli amministratori giudiziari il rebus della rottamazione fiscale
La scelta è delicata perché la convenienza dipende dalla conferma del sequestro
Entro il 30 giugno gli amministratori giudiziari delle aziende in sequestro o in confisca non definitiva devono decidere se aderire alla definizione agevolata dei debiti relativi a carichi affidati dagli enti creditori all’agenzia delle Entrate tra il 1° gennaio 2000 ed il 30 giugno 2022, versando le somme dovute senza sanzioni, interessi di mora e aggio, fino a un massimo di 18 rate in cinque anni. L’accoglimento o il diniego sarà comunicato entro il 30 settembre 2023 (era il 30 giugno).
La scelta non è semplice, soprattutto quando il beneficio ricavabile dalla rottamazione ha valore significativo perché, nei procedimenti di prevenzione e penali, rimane sempre aperta la possibilità di revoca del sequestro/confisca con conseguente restituzione agli aventi diritto.
Se il sequestro viene revocato, la decisione dell’amministratore giudiziario di non chiedere la definizione agevolata, danneggerà l’imprenditore tornato in possesso dell’azienda dopo il 30 giugno 2023 in quanto non potrà più avvalersi della rottamazione.
Se, invece, la confisca diventa definitiva, le obbligazioni tributarie di natura erariale si estinguono per confusione.
Di solito, le cartelle da rottamare riguardano crediti del Fisco nei confronti dell’impresa, sorti prima del sequestro. E il Codice antimafia prevede che i crediti di data certa anteriore al sequestro, prima di essere riconosciuti e liquidati dopo la confisca definitiva, debbano essere preventivamente verificati e accertati. Una volta intervenuta la confisca definitiva, l’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità deve quindi procedere alla eventuale liquidazione dei beni in confisca ed al piano dei pagamenti in base al ricavato della vendita, nei limiti di garanzia patrimoniale del 60 per cento.
Con la confisca definitiva, i crediti di natura erariale verso il Fisco non dovrebbero essere quindi liquidati, perché interverrebbe l’estinzione dell'obbligazione tributaria della confusione e libererebbe ulteriori risorse agli altri creditori di buona fede nel piano di riparto. La scelta di aderire alla rottamazione rischierebbe perciò di ledere la par condicio creditorum.
L’adesione alla rottamazione e l’escuzione dei versamenti che scadono prima della definitività del procedimento di prevenzione, sembrano quindi opportune nei casi in cui la pronuncia definitiva dell’autorità giudiziaria sia vicina e ci siano buone probabilità che il giudizio si concluda con la restituzione dei beni. Se, al contrario, è più probabile che il giudizio si concluda con la confisca definitiva, è meglio non procedere alla rottamazione per non ledere gli interessi dei creditori.
Anche nella prima fase del sequestro, l’adesione potrebbe risultare opportuna quando l’amministratore, nel redigere il piano economico finanziario (il programma di prosecuzione), verifica che tale adesione non pregiudica l’equilibrio finanziario per i successivi quattro/cinque anni e che, quindi, in caso di confisca definitiva, ci sarebbero beni liquidabili capaci di soddisfare tutti i creditori.
Sarebbe comunque auspicabile un intervento normativo che consentisse l’adesione alla rottamazione anche oltre i termini all’imprenditore cui venga restituita un’azienda che era in sequestro alla data del 30 giugno 2023.
Come funziona
Richiesta entro giugno
Anche gli amministratori giudiziari delle imprese in sequestro possono chiedere entro il 30 giugno di rottamare i carichi tributari affidati all'agente della riscossione dal 1° gennaio 2020 al 30 giugno 2022, versando il capitale senza interessi, sanzioni e interessi.
Riscossione sospesa
Nei confronti delle aziende in sequestro le azioni esecutive di riscossione pubblica sono sospese fino all'eventuale restituzione all'imprenditore se il sequestro viene revocato. Invece, in caso di confisca definitiva i crediti erariali si estinguono per confusione