Controlli e liti

Per le assicurazioni estere sulla vita il Fisco rincorre i nuovi intermediari

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di Marco Piazza

Quando il cliente cambia l’intermediario finanziario italiano incaricato di amministrare i contratti di assicurazione sulla vita esteri, il nuovo intermediario subisce molto spesso iscrizioni a ruolo per aver utilizzato in compensazione nel modello F24 – in occasione della estinzione della polizza – il credito per l’Ivca (imposta sostitutiva sui contratti assicurativi) versata all’Erario dal precedente intermediario.

Le cartelle vengono emesse perché il credito Ivca trasmesso dal vecchio intermediario a quello subentrante non risulta dal modello 770 di quest’ultimo e il controllo automatizzato rileva uno scostamento non giustificato.

Ma gli intermediari non hanno alcuna colpa perché seguono diligentemente le istruzioni contenute nella circolare 41/E del 2012, pagina 13 secondo cui «laddove il contraente affidi l’incarico della riscossione dei redditi ad un intermediario diverso da quello che ha precedentemente versato l’imposta annua sul valore della polizza, quest’ultimo è tenuto a certificare le somme ricevute al fine di consentire al contraente di utilizzarle a scomputo dell’imposta sostitutiva dovuta al momento della prestazione. Sarà cura del nuovo intermediario restituire al contraente l’eventuale eccedenza di imposte versate che non possono essere in tal modo recuperate».

La procedura descritta nella circolare 41/E è l’unica che consente di gestire l’Ivca nel tempo.

L’Ivca – istituita dall’articolo 1, comma 2-sexies del decreto legge 209 del 2002 - è applicata da parte dei sostituti d’imposta incaricati di riscuotere i proventi derivanti dai contratti di assicurazione sulla vita esteri (di norma si tratta di fiduciarie italiane) nel caso in cui la compagnia non si avvalga della facoltà di provvedere essa stessa agli adempimenti di sostituzione tributaria, ossia di operare l’imposta sostitutiva del 26% sui proventi compresi nel capitale erogato alla chiusura del contratto.

La base imponibile dell’imposta è costituita dal valore del contratto assicurativo alla data del 31 dicembre dell’anno precedente, escludendo tuttavia le polizze liquidate entro il termine previsto per il versamento dell’imposta. Per effettuare il versamento l’intermediario ottiene la provvista dal contribuente.

L’Ivca è quindi una sorta di acconto dell’imposta sostitutiva del 26% dovuta sui proventi della polizza (articolo 26-ter del Dpr 600 del 1973). Pertanto, come precisa la circolare 41/E, l’Ivca versata annualmente dall’intermediario (previa provvista del contraente) costituisce un credito di imposta da utilizzare per il versamento delle imposte sostitutiva al momento dell’erogazione della prestazione. In caso di incapienza dell’imposta sostitutiva, l’intermediario restituisce al contraente l’eccedenza di imposte versate annualmente e la recupera in compensazione nel modello F24 o chiedendola a rimborso nel modello 770.

Ma se l’intermediario tenuto a versare l’imposta sostitutiva è diverso da quello che ha versato l’Ivca, l’unico modo per evitare una doppia imposizione è che il primo certifichi il credito scomputabile al secondo.

L’assenza di appositi campi nel modello 770 per indicare il credito certificato causa anomalie che finiscono con il comportare perdite di tempo per gli intermediari e per gli uffici.

L’inconveniente è stato più volte segnalato (da ultimo, si veda «Il Sole 24 Ore» del 4 aprile 2018) ed è facilmente risolvibile. Basta consentire di indicare nelle colonne 3 e 5 del rigo SX42 anche il credito certificato dall’intermediario precedentemente incaricato della riscossione dei proventi della polizza (circolare 41/E del 2012, paragrafo 3.2) a quello subentrato nell’incarico.

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