Adempimenti

Per la certificazione del «Made in» si allargano le regole applicabili

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di Benedetto Santacroce ed Ettore Sbandi

Per la marcatura «Made in» valgono le regole del codice doganale Ue e, se non presenti, quelle proposte dall’Ue in sede Wto (world trade organization). Con la nota 70339 pubblicata ieri, l’agenzia delle Dogane, per la prima volta in forma espressa, accoglie infatti il principio di applicazione residuale delle regole di soft law valide in ambito internazionale, così da legittimare una copertura normativa per gli operatori interessati dalla disciplina vigente in materia di origine non preferenziale delle merci (Onp).

In realtà, il tema coinvolge tutti gli operatori del mercato nazionale e internazionale: la totalità delle imprese, infatti, è sempre tenuta, direttamente o indirettamente, in fase dichiarativa o commerciale, nel labelling o nella documentazione di scorta, a dichiarare l’origine delle merci movimentate.

Si tratta di un momento (non solo doganale) estremamente delicato per le aziende, che devono essere consapevoli dei rischi sanzionatori, quasi sempre di carattere penale, che coinvolgono le false o mendaci dichiarazioni di origine.

Con la nota in questione («Linee guida in materia di origine non preferenziale») , per la prima volta l’Agenzia presenta un quadro esaustivo dei criteri, effettivamente molto complessi, di determinazione dell’origine delle merci.

In materia, vige infatti un doppio binario, non preferenziale e preferenziale: il primo, onnipresente in tutte le transazioni, consiste nell’attribuzione dell’origine commerciale ad un prodotto, ossia il «made in»; il secondo, parallelo al primo, consiste nell’applicazione di regole speciali finalizzate all’abbattimento daziario negli scambi tra due o più Paesi.

Mentre il tema dell’origine preferenziale, però, fa riferimento a espresse regole tipizzate nei singoli accordi internazionali, il quadro dell’origine non preferenziale si è sempre mostrato parziale e lacunoso, sia nel precedente assetto normativo, sia in quello attuale in vigore dal 2016.

Per approcciare con ordine il quadro di riferimento, tuttavia, soccorrono ora anche le linee guida delle Dogane, che indicano l’ordine di applicazione sussidiaria della disciplina vigente in materia di Onp. I temi cardine due.

Le merci interamente ottenute in un unico paese o territorio sono considerate originarie di tale paese o territorio.

Le merci alla cui produzione contribuiscono due o più paesi sono considerate originarie del paese in cui hanno subito l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale ed economicamente giustificata, effettuata presso un’impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione.

Dato che il primo tema non pone particolari criticità, si concentra l’attenzione sul secondo.

La norma unionale reca infatti delle regole, una primaria ed un residuale, solo per alcuni prodotti, per i quali, dunque, esiste un riferimento normativo di rango primario, recato dall’allegato 22-01 del regolamento Ue 2446/2015. Per gli altri prodotti, che sono la maggior parte e che di fatto non sono disciplinati per legge, le Dogane invitano ora espressamente a ricorrere alla posizione adottata dall’Ue in ambito Wto. Sebbene infatti non ancora accolte in sede internazionale e neppure recepite in norma, esse rappresentano un’utile guida ed ausilio per gli operatori nella determinazione dell’origine non preferenziale.

Agenzia delle Dogane, nota 70339/2018

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