Controlli e liti

Per contestare il credito d’imposta ricerca e sviluppo il Fisco deve chiedere il parere al Mise

La Ctp Napoli: l’Agenzia non ha le conoscenze tecniche per una congrua valutazione. Si tratta di una facoltà che di fatto diventa un obbligo nei casi di grande complessità

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

Per la contestazione della corretta fruizione del credito di imposta ricerca e sviluppo, l’agenzia delle Entrate deve acquisire il parere tecnico del ministero dello Sviluppo economico in quanto, pur trattandosi di una facoltà e non di un obbligo, di fronte a problematiche di grande complessità e delle certificazioni prodotte dall’impresa, diventa necessaria una valutazione di un organismo tecnico qual è il Mise. Ad affermarlo è la Ctp di Napoli con la sentenza n. 4988/2022 (presidente e relatore Sabino) depositata il 2 maggio che rafforza il principio già espresso negli scorsi mesi dalle Ctp di Vicenza e di Ancona.

Nella vicenda, l’Agenzia contestava a un’impresa la legittima fruizione di un credito di imposta ricerca e sviluppo. In particolare, rilevava – come già avvenuto in numerosi casi – che si trattava di attività volta al miglioramento organizzativo e non realmente «innovativa» in termini assoluti, come previsto dal cosiddetto Manuale di Frascati. Detta attività era ritenuta riconducibile alla implementazione di un software che costituiva lo sviluppo di un’architettura informatica già conosciuta, da adattare alle esigenze della società. In sostanza quindi l’attività svolta poteva considerarsi «nuova» solo per l’impresa interessata ma non per il «resto del mondo». Di conseguenza, non era classificabile nella ricerca innovativa agevolabile.

Nel ricorso, il contribuente si difendeva evidenziando, tra l’altro, che l’Agenzia non potesse svolgere in autonomia valutazioni tecniche finalizzate a sorreggere il disconoscimento del credito d’imposta. Per poter emettere un atto di recupero validamente motivato, essa avrebbe dovuto richiedere il parere del Mise.

La Ctp Napoli, pur ricordando che la richiesta di parere al Mise costituisce una facoltà e non un obbligo per l’Agenzia, evidenzia che a fronte di problematiche tecniche di grande complessità e della presenza in capo all’impresa di asseverazioni di organismi tecnici e di ricerca, l’Agenzia non può rivendicare dirette conoscenze di natura tecnico-scientifica tali da consentire una congrua valutazione circa la rispondenza delle attività svolte in concreto rispetto ai parametri normativamente previsti per la fruizione del credito di imposta.

Le motivazioni addotte dall’Ufficio espresse nell’atto impositivo, in mancanza di un parere tecnico, emesso dall’organo a ciò preposto (il Mise), si pongono di fatto sul medesimo piano di articolate deduzioni difensive e, quindi, non possono ritenersi idonee e sufficienti per legittimare la pretesa impositiva.

Da evidenziare che negli ultimi mesi vi sono state analoghe prese di posizione da parte di altre commissioni tributarie (Vicenza e Ancona) che avevano appunto censurato questi recuperi per la mancanza di un parere tecnico del Mise. In sostanza anche secondo questi giudici, un accertamento così tecnico sulla portata innovativa dell’investimento richiede (come peraltro suggerito da vari documenti di prassi) un parere del Mise.

In merito al requisito della «novità assoluta» dell’attività svolta, ritenuto necessario, secondo l’agenzia delle Entrate per la legittima fruizione del credito (e ciò in osservanza delle previsioni contenute nel Manuale di Frascati), la Ctp di Napoli non ha preso posizioni ritenendo preliminare ed assorbente il difetto di motivazione e prova per l’assenza del parere tecnico idoneo a confortare la tesi dell’Ufficio.

Al riguardo, per completezza, può tornare utile ricordare che sul punto si sono pronunciate la Ctp di Aosta (sentenze 46/2021 e 12/2022) e la Ctr Valle d’Aosta (sentenza 22/2022) secondo le quali, in buona sostanza, l’innovazione relativa all’investimento può consistere anche nell’adozione di conoscenze e capacità esistenti che comunque apportano una novità solo per l’impresa. Non deve, cioè, necessariamente trattarsi della creazione di nuove conoscenze nel settore di appartenenza ovvero per «tutto il mondo».

Nella sentenza della CTR viene anche sottolineato che la nuova norma sul credito di imposta ricerca e sviluppo (articolo 1, comma 200, della legge 160/2019) menziona espressamente il rispetto del Manuale di Frascati per la fruizione del beneficio, a riprova che, per il passato, detto requisito non era richiesto e tale disposizione non è né retroattiva, né interpretativa.

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