Imposte

Per la digital economy una tassazione concordata a livello internazionale

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di Paolo Ludovici

L’introduzione in Italia della web tax si inserisce in un contesto internazionale in grande fermento, nel quale la contrapposizione di interessi tra imprese, Stati Uniti d’America e il resto del mondo genera un impasse apparentemente irrisolvibile.

Le motivazioni tecniche verso il mantenimento dell’attuale assetto normativo si contrappongono a quelle che richiedono un mutamento radicale. La contrapposizione non è puramente tecnica ma politica e in qualche modo ideologica.

Sul piano politico, si avverte sempre più la pressione dei media sulla sperequazione del carico fiscale tra diverse imprese e diversi Stati (alcuni commentatori di oltre oceano recentemente hanno addirittura affermato che l’introduzione da parte italiana della web tax sarebbe la prova di una mancanza di self confidence che porta a tassare redditi ma prodotti nel territorio dello Stato).

Il primo schieramento sembra più orientato agli schemi del passato, mentre il secondo muove da un’ottica prospettica considerando i possibili scenari a venire. È singolare che tale proiezione al futuro non sia equamente condivisa da chi ha innalzato la bandiera del progresso e della “disruption” rispetto al passato.

In tale dibattito, ha colpito per la semplicità e per l’incisività un recente intervento del Commissario Moscovici in un evento sul mercato digitale. I punti chiave sono i seguenti:
•la tassazione dei mercati di sbocco si giustifica non perché i mercati di riferimento di per sé incidano sulla catena del valore bensì perché la digitalizzazione presuppone un’infrastruttura tecnologica e legislativa nei singoli Stati;
•è palese lo scisma nelle imprese “digitali” tra il luogo in cui il reddito viene generato (non prodotto ma “generato”) e il luogo in cui viene tassato. Peraltro, la progressiva cannibalizzazione dell’economia tradizionale da parte di quella digitalizzata ha l’effetto di esacerbare le differenze riducendo il gettito dei mercato di sbocco;
•in questo contesto, la tassazione della digital economy o della digitalized economy è un dato politicamente acclarato e non è più soggetto a se o ma;
•su tali basi, è opportuno che a livello internazionale ci si muova a livello ordinato e coordinato ma per ottenere ciò gli Stati Uniti e le imprese maggiormente digitalizzate devono essere parte del dibattito e contribuire attivamente a trovare soluzioni concrete che comunque presuppongono il cambiamento delle regole.

Sarà interessante guardare al prossimo futuro e capire cosa ci riserverà. Ritornando al nostro Paese, è auspicabile che la web tax possa adeguarsi al «mood» internazionale e confini il proprio ruolo a quello di «kick the ball» per costringere le parti interessate ad interrompere la melina e cominciare finalmente a correre verso l’obiettivo ormai irrevocabile.

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