Adempimenti

Per l’Agenzia vanno tassati gli emolumenti in natura dati ad alcuni amministratori

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di Giovanni Renella

Non fa realizzare una categoria omogenea la presenza di amministratori (due su tre) che per l’incarico svolto percepiscono esclusivamente compensi in natura. In questo caso, i benefit assolvono infatti una funzione essenzialmente remunerativa da assoggettare a tassazione come reddito di lavoro dipendente.

È questa una delle risposte fornite dall’Agenzia delle entrate – risposta n. 522 del 13 dicembre 2019 – ad un interpello presentato da una società di consulenza che intende attivare un piano di welfare aziendale on top, da riservare a due categorie di beneficiari costituite:

una da alcuni lavoratori dipendenti;

l’altra dai tre membri del CdA, di cui un componente percepisce compensi in danaro inquadrabili tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (articolo 50, comma 1, lettera c-bis, Tuir) mentre gli altri due amministratori svolgono l’incarico a titolo gratuito.

In linea generale sia gli emolumenti in denaro che i valori corrispondenti ai beni, ai servizi e alle opere percepiti dal dipendente in relazione al rapporto di lavoro costituiscono redditi imponibili e concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente (cd. principio di onnicomprensività).

Come già chiarito in altre documenti di prassi (circolare n. 28/E/2016, § 3.1) condizione per l’applicazione del regime di non imponibilità (articolo 51, comma 2, Tuir) è che l’erogazione in natura non si traduca in un aggiramento degli ordinari criteri di determinazione del reddito di lavoro dipendente e in una violazione dei principi di capacità contributiva e di progressività dell’imposizione. In altri termini non devono essere alterati né le regole di tassazione dei redditi di lavoro dipendente (e assimilati) né il connesso principio di capacità contributiva che comunque attrae nella base imponibile anche le retribuzioni erogate in natura.

Le prestazioni in natura (comma 2) costituiscono degli elementi aggiuntivi della retribuzione di lavoro dipendente (comma 1) ordinariamente tassata, che beneficiano del regime di non concorrenza alla formazione del reddito in ragione della loro valenza sociale.

A parere dei tecnici delle Entrate, la circostanza che i benefit siano corrisposti agli amministratori che non percepiscono alcun compenso per l’incarico svolto, porta a ritenere che gli stessi assolvano una funzione essenzialmente remunerativa e debbano, pertanto, essere assoggettati a tassazione ordinaria (comma 1).

Circa i benefit previsti dal piano di welfare che intende proporre l’istante, solo alcuni secondo l’Agenzia rientrano tra quelli che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente e più in particolare:

i trattamenti estetici resi da un centro benessere convenzionato non possono godere del regime di favore (lettera f, comma 2) in quanto si tratta di servizi alla persona non aventi rilevanza sociale (non rientrano infatti in alcuna delle finalità previste dall’articolo 100, comma 1, Tuir);

i rimborsi per iscrizione e frequenza di corsi di lingua a favore dei familiari dei lavoratori seguiti presso centri di formazione linguistica, al di fuori dell’orario scolastico e sulla base delle esigenze personali di ciascuno (lingue, orari e classi diverse, prossimità con l’abitazione), possono essere detassati (lettera f-bis, comma 2) in quanto tali servizi sono riconducibili alle finalità educative e di istruzione, indipendentemente dalla tipologia di struttura (di natura pubblica o privata) che li eroga (si veda anche risposta a Telefisco 2019).

Infine, secondo le Entrate non può essere detratta l’Iva sull’acquisto dei trattamenti estetici, ciò in quanto ammettendo l’articolo 19 del Dpr 633/1972 la detrazione dell’imposta assolta solo «in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell’esercizio dell’impresa, arte, professione», nel caso in esame mancherebbe uno stretto rapporto di strumentalità tra l’esercizio dell’attività svolta dal soggetto passivo e l’utilizzo del bene o del servizio » (risoluzione AdE n. 244/E/2002 e ordinanza della Corte di Cassazione 11 ottobre 2017, n. 23817).

Agenzia delle Entrate, risposta a interpello 522/2019

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