Per l’impugnazione conta il deposito non la comunicazione
La parte che non è stata informata della data di udienza e del deposito della sentenza non ha alcun diritto di rimessione in termini per impugnare la decisione. È, infatti, suo dovere aggiornarsi sulla fase processuale. A fornire questo chiarimento è la Corte di cassazione con l’ ordinanza 20144/2017 depositata ieri.
A un socio accomandante è stata notificata una cartella di pagamento in qualità di coobbligato in solido con la società. L’atto impositivo è stato impugnato dinanzi al giudice tributario che, in primo grado, ha accolto il ricorso. La commissione regionale, adita da Equitalia, invece ha dichiarato inammissibile l’appello proposto perché tardivo rispetto al termine semestrale previsto dalla norma.
L’Agente della riscossione ha presentato ricorso in Cassazione, chiedendo la rimessione in termini perché la segreteria della Ctp aveva omesso di comunicare la data di trattazione dell’udienza oltre che, in ogni caso, il dispositivo della decisione. La Suprema corte, confermando l’inammissibilità del gravame proposto, ha fornito alcuni chiarimenti sul punto.
I giudici di legittimità hanno ricordato che il termine semestrale decorre dalla pubblicazione della sentenza e quindi dal suo deposito in cancelleria, con la conseguenza che la comunicazione a cura del cancelliere è del tutto irrilevante ai fini di tale termine di impugnazione.
Nell’ipotesi in cui il difensore non riceva l’informativa dalla cancelleria, è suo dovere professionale attivarsi per verificare se si siano svolte attività processuali a sua insaputa.
La rimessione in termini è legittima, invece, al verificarsi di un evento che presenti il carattere della assolutezza e non per una impossibilità relativa o una mera difficoltà, poiché tali circostanze non integrano un fatto impeditivo della tempestiva proposizione dell’impugnazione, atteso che la parte potrebbe autonomamente attivarsi.
La nullità derivante dall’omessa o irregolare comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza ha pertanto rilevanza solo se si impugni tempestivamente la sentenza conclusiva del giudizio.
L’interpretazione appare particolarmente rigorosa alla luce del fatto che i tempi di fissazione delle udienze non sono identici in ogni commissione tributaria. Alcune, infatti, nel giro di un paio di mesi, fissano almeno la prima udienza, altre, invece, hanno tempi di attesa anche di un paio di anni.
A ciò consegue che la parte, pur diligente, potrebbe scoprire tardivamente l’eventuale attività avvenuta a sua insaputa e rimanere preclusa da ogni ulteriore possibilità di difesa.
È tuttavia verosimile che con il processo tributario telematico tali problematiche dovrebbero ritenersi definitivamente risolte, non fosse altro per la facilità di consultazione del fascicolo online.
L’ordinanza n.20144/17 della Cassazione