Imposte

Per i manager impatriati piena imponibilità della retribuzione pregressa

di Paolo Ludovici

L’articolo 1, comma 150, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 ha ulteriormente rafforzato i benefici previsti per i manager che trasferiscono la loro residenza in Italia per lavorare nel territorio dello Stato. L’idea sottostante è che l’attrazione di capitale umano contribuisce ad attrarre in Italia attività produttive e quindi allo sviluppo economico dell’intera nazione.
La norma (e, per alcuni profili, la sua applicazione pratica da parte dell’amministrazione finanziaria), tuttavia, presenta alcune criticità e incongruenze che potrebbero non renderla idonea allo scopo.
In primo luogo, la riduzione al 50% della base imponibile del reddito da lavoro conseguito dai manager è consentita soltanto per i soggetti che hanno acquisito la residenza fiscale in Italia. Si pensi al caso di un manager che trasferisce la propria residenza anagrafica in Italia il 1° settembre del 2017 e diviene fiscalmente residente solo dal 1° gennaio 2018. In questo caso, la riduzione della base imponibile è consentita solo per i redditi che remunerano l’attività svolta dal 2018 mentre resta la piena imponibilità per i redditi relativi al periodo settembre-dicembre 2017.
In secondo luogo, la riduzione è applicabile solo ai redditi che remunerano l’attività svolta in Italia. Nel settore finanziario, viene sovente richiesto il mantenimento di un doppio contratto di lavoro, uno per l’attività svolta in Italia e l’altro per l’attività svolta all’estero. In questo caso, l’agevolazione sarebbe limitata ai soli redditi derivanti dall’attività italiana. È chiaro lo spirito della norma ma è altrettanto chiaro che il risultato può apparire contradditorio e comunque incidere sull’appeal del regime agevolativo.
E ancora: che succede se il manager che trasferisce la residenza in Italia incassa, dopo il trasferimento di residenza, una remunerazione differita per l’attività svolta in passato all’estero, ad esempio sulla base di piani pluriennali di long term incentive? L’analisi è la seguente:
1) il reddito percepito quando si è già acquisita la residenza fiscale in Italia è imponibile nel territorio dello Stato secondo il worldwide principle;
2) la riduzione della base imponibile al 50% non è consentita trattandosi di remunerazione di attività svolta all’estero;
3) il reddito è imponibile in misura piena con riconoscimento del credito per le imposte pagate all’estero.

In principio, un risultato del tutto opposto conseguirebbe dall’applicazione dell’articolo 51 (8bis) Tuir . Si pensi al caso in cui nel 2018 sia incassato un compenso per l’attività svolta esclusivamente nel Regno Unito nel periodo 2014-2016. Se il beneficiario fosse stato fiscalmente residente in Italia nel periodo considerato, il relativo reddito sarebbe stato tassato nel 2014, 2015 e 2016 secondo il criterio convenzionale dell’articolo 51 (8bis) Tuir e nessuna imposta ulteriore sarebbe dovuta nel 2018 al momento dell’incasso della remunerazione differita. Secondo un’interpretazione ragionevole ad identico risultato si dovrebbe giungere nel caso in cui nel periodo considerato la persona non fosse stata residente in Italia: il reddito percepito nel 2018 deriva da un’attività che rispetta i requisiti dell’articolo 51 (8bis) Tuir, dal momento che era svolta esclusivamente all’estero e il soggiorno fuori dall’Italia eccedeva i 183 giorni, a nulla rilevando che negli anni rilevanti (2014-2016) l’effettiva tassazione di un reddito convenzionale in Italia era preclusa dalla residenza estera del beneficiario.
Tale interpretazione muove da una lettura «per competenza» dell’articolo 51 (8-bis) Tuir in continuità con la lettura consolidata del previgente articolo 3(3)(c) del Tuir. Anche volendosi discostare da tale interpretazione e riconoscendo l’imponibilità in Italia nel 2018 a motivo della mancata imposizione nel periodo rilevante (2014-2016), si potrebbe comunque concludere che la base imponibile nel 2018 debba essere determinata sulla base dell’articolo 51 (8bis) Tuir valorizzando il fatto che tale disposizione attiene alla regola di determinazione della base imponibile (ciò richiede di operare una finzione e cioè ipotizzare che nel 2018 siano convenzionalmente soddisfatte le condizioni poste dalla norma citata).
Sul punto, la posizione dell’agenzia è opposta: il reddito percepito nel 2018 è imponibile nello stesso anno e la base imponibile coincide con quanto effettivamente percepito giacché il regime convenzionale è applicabile solo se nel periodo di svolgimento dell’attività all’estero il beneficiario era residente in Italia.
La rivisitazione di tale posizione sarebbe auspicabile anche in ragione degli effetti potenzialmente pregiudiziali sull’appeal del nuovo regime agevolativo.

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