Imposte

Per sindaci e revisori esclusione «mirata»

di Giorgio Gavelli

Diversamente da quanto sostenuto dalle Entrate (risoluzione 78/E/2009), la Suprema corte ha più volte affermato che non è soggetta a Irap la quota di compensi del professionista che deriva dagli incarichi di sindaco, amministratore e revisore ricoperti in società ed enti, a condizione che sia possibile scorporare tali introiti da quelli complessivi e dimostrare come queste attività siano svolte senza ricorrere ad una autonoma struttura organizzativa. Occorre però prendere atto che il modello dichiarativo non prevede questa ipotesi, per cui (se si vuole seguire la Cassazione) occorre “forzare” la compilazione escludendo i compensi che si vogliono sottrarre al tributo (comportamento reso più semplice dalla autonomia tra la dichiarazione Irap e Irpef).

Nella pratica si possono verificare le seguenti ipotesi:

il professionista, titolare di uno studio “non organizzato”, ricopre anche (o soprattutto) incarichi societari;

il titolare di uno studio “organizzato” (ad esempio con diversi dipendenti) svolge anche attività di sindaco, revisore, amministratore, e così via.

il professionista, in uno studio associato, ricopre incarichi societari o giudiziali fatturandoli con la propria partita Iva ovvero (altra ipotesi) con la partita Iva dell’associazione professionale.

Se nel primo caso non vi sono dubbi circa la mancanza di soggettività ai fini del tributo regionale, le altre ipotesi “di confine” sono quelle più discusse, anche se emerge una netta tendenza dalle sentenze indicate nella tabella pubblicata in pagina (da ultimo, Cassazione 3790/2018, 30395, 28988 e 21161 del 2017). Secondo la Corte, il principio di attrazione nell’ambito del reddito di lavoro autonomo dei compensi percepiti dagli incarichi societari (tipico dell’Irpef) non si estende all’Irap. Per cui, anche il professionista non associato è ammesso a dimostrare che questi incarichi vengono svolti senza avvalersi della struttura organizzata con cui esercita la propria attività “tipica”, purché sia possibile separare i relativi compensi netti dal totale. In questo caso, tuttavia, l’onere probatorio si estende alla distinta individuazione dei relativi compensi (e dei relativi costi): la Corte ha, infatti, negato il rimborso nel caso in cui il professionista non fornisca in giudizio gli elementi per giungere allo scorporo dei compensi.

Come affermato dalla sentenza 20975/2016, anche lo studio associato (normalmente soggetto a Irap) può non versare l’imposta regionale sui compensi riguardanti gli incarichi societari svolti da ciascun associato, dove, per questi ultimi, sia dimostrato che non è stata utilizzata la struttura di servizi collegata.

Inoltre, con ordinanza 19327/2016, è stato affermato che il componente di uno studio associato ha diritto al rimborso dell’Irap versata sui compensi percepiti per incarichi di controllo e amministrazione ricoperti in società ed enti, fatturati nell’ambito della posizione personale, priva di dipendenti e di beni strumentali di rilievo.

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