Per le società non c’è abuso nel trasferimento intraUe
Con la sentenza Polbud (C-106/16 del 25 ottobre) la Corte Ue – compiendo un ulteriore passo dopo le sentenze Centros (1999), Uberseering (2002), Inspire Art (2003) e Cartesio (2008) – afferma che una società con sede legale in uno Stato Ue può trasferire la sua sede legale in altro Stato Ue senza trasferire la sua sede effettiva e che non sono conformi al diritto Ue le norme che subordinano il trasferimento della sede di una società al previo svolgimento di una procedura di liquidazione nello Stato dal quale tale società si trasferisce. La controversia origina dal no dei giudici polacchi al trasferimento in Lussemburgo della sede legale di una società della Polonia perché la società non aveva fatto luogo agli adempimenti della procedura di liquidazione prevista dalla legge polacca.
Secondo la Corte la legislazione Ue accorda il beneficio della libertà di stabilimento alle società costituite in conformità alla legislazione di uno Stato e con la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale nella Ue. La libertà di stabilimento comporta la costituzione e la gestione delle società alle condizioni definite dalla legislazione dello Stato di stabilimento; e comprende il diritto di trasformarsi in una società disciplinata dal diritto di altro Stato purché siano soddisfatte le condizioni stabilite dalla normativa di tale ultimo Stato e il criterio posto da detto Stato per collegare una società all’ordinamento giuridico del Paese di “atterraggio”.
Nella libertà di stabilimento rientra anche il caso in cui la società che trasferisce la sede in altro Paese Ue continui a svolgere l’essenziale delle sue attività nello Stato Ue dal quale “decolla”. Secondo la Corte Ue, il fatto di stabilire la sede, legale o effettiva, in conformità alla legislazione di uno Stato membro per beneficiare di una legislazione più vantaggiosa, non è un abuso del diritto di stabilimento.