Contabilità

Per il transfer pricing via al principio della libera concorrenza

di Michele Brusaterra


Per la verifica dei prezzi di trasferimento si passa dal valore normale al principio della libera concorrenza.

Il Dl 50/2017 ha, infatti, modificato la norma contenuta nel settimo comma dell'articolo 110 del Tuir, che riguarda il transfer pricing, con il fine di coordinare la nostra disciplina con quella europea e con le linee guida dell'Ocse, e ha introdotto, altresì, una nuova disposizione attraverso il nuovo articolo 31-quater del Dpr 600/1972.

Con il transfer pricing si vuole individuare quello che è il valore «normale» dei prezzi, nelle operazioni che vengono effettuate con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l'impresa nazionale, ovvero sono controllate dall'impresa nazionale ovvero, ancora, sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa nazionale, con l'immediata conseguenza di individuare anche il relativo profitto che deve essere dichiarato nel territorio dello Stato.

Nei rapporti fra le imprese che non sono fra loro «collegate», si presume, infatti, che i valori di scambio nascano da valutazioni indipendenti e, quindi, non inficiate dal fatto che le controparti fanno parte del medesimo «gruppo».

Con la norma sul transfer pricing si vuole, quindi, evitare l'erosione della base imponibile nazionale, assicurando che l'imposizione venga correttamente ripartita fra gli Stati coinvolti dalle operazioni poste in essere dalle società.

Prima dell'intervento posto in essere dal Dl 50/2017, la norma sui prezzi di trasferimento faceva riferimento, nel determinare il prezzo stesso, al valore normale. All'interno del Dpr 917/1986, è l'articolo 9 a dettare le regole per l'individuazione di tale valore.

Il principio del valore normale, però, è stato sostituito dal principio della libera concorrenza (arm's lenght), per tenere conto, come si diceva, delle direttive comunitarie ma anche, in secondo luogo, perché è necessario rispettare le norme costituzionali. L'articolo 41 della Costituzione italiana stabilisce, infatti, al primo comma che «L'iniziativa economica privata è libera». Libera deve essere, quindi, anche la determinazione del prezzo di scambio di beni e servizi, che non può essere legato a un valore normale cioè a un valore stabilito, giusto per essere chiari, da listini, tariffe, mercuriali ecc.

Il principio della libera concorrenza, quindi, va al di là, del mero valore normale, e dovrebbe far accettare prezzi di scambio, infra-gruppo, che non rispettano necessariamente il valore normale ma che tengono conto, appunto, anche della concorrenza.

La norma di cui all'articolo 110, comma 7 del Tuir, ha, dunque, ampliato il margine di manovra ammettendo che la società cedente o prestatrice possa tenere conto dei prezzi che avrebbe praticato se, in un regime, appunto, di libera concorrenza, tali prodotti o servizi fossero stati ceduti o prestati a terzi.

Non solo. La seconda parte del settimo comma appena citato prevede che la norma sul transfer pricing non solo trova applicazione qualora vi sia un aumento del reddito imponibile del soggetto sottoposto a verifica, ma anche qualora vi sia una diminuzione del reddito stesso. In quest'ultimo caso, però, si deve tenere conto delle condizioni stabilite dall'articolo 31-quater del Dpr 600/1973, introdotto dal medesimo Dl 50/2017.

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