Imposte

Per le triangolazioni Iva conta l’identificazione

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di Matteo Balzanelli, Massimo Sirri e Riccardo Zavatta

Via libera alle triangolazioni comunitarie in cui il promotore fa intervenire il proprio rappresentante fiscale in altro Paese membro. Le conclusioni della Corte di giustizia nella causa C-580/2016 si riferiscono all’ipotesi in cui i soggetti coinvolti sono tre e, pertanto, non paiono automaticamente applicabili al caso della “triangolazione” tra due soggetti passivi e il rappresentante fiscale di uno di essi.

CASI E SOLUZIONI

La pronuncia della Corte Ue

La sentenza riguarda una società tedesca che acquista beni da fornitori stabiliti anch’essi in Germania per rivenderli a soggetti passivi cechi. Il promotore tedesco interviene, sia per l’acquisto che per la rivendita, con un proprio rappresentante fiscale in Austria, gestendo così una triangolazione comunitaria (secondo il modello: De1 – rappresentante austriaco di De2 – Cz). Il rappresentante austriaco effettua quindi acquisti intracomunitari, senza liquidazione d’imposta, giusta la contestuale cessione intracomunitaria con designazione dell’acquirente finale quale debitore dell’imposta.

Ai giudici comunitari è stato chiesto se l’operazione realizza una triangolazione comunitaria, dal momento che l’articolo 141, lettera c), direttiva 2006/112 richiede che i beni oggetto del (primo) acquisto siano direttamente spediti o trasportati a partire da uno Stato membro diverso da quello in cui il promotore è identificato ai fini Iva e a destinazione della persona cui sono rivenduti.

Il promotore, infatti, agisce attraverso il rappresentante fiscale austriaco, ma possiede anche una partita Iva in Germania, Paese di partenza dei beni, in quanto ivi stabilito. Pertanto, una lettura rigida della disposizione implica che la condizione recata dalla lettera c) non sia soddisfatta, venendo meno la possibilità d’impostare l’operazione come una triangolare comunitaria a tutti gli effetti. I giudici ritengono però chequesta condizione vada verificata solo con riferimento al numero d’identificazione con cui il promotore ha effettuato l’acquisto (e la cessione) intracomunitaria, indipendentemente dal possesso di un identificativo Iva in altri Paesi, compreso quello di partenza dei beni.

Le possibili ricadute

Riadattando il caso della sentenza, se un soggetto italiano identificato in un altro Paese Ue, per esempio Francia, acquista beni da altra impresa italiana e li rivende a un terzo soggetto passivo di un altro Paese, in ipotesi Grecia, potrebbe far intervenire nell’operazione la propria partita Iva francese, realizzando così una triangolare comunitaria. Va comunque notato che, quantomeno in base alle norme domestiche, la prima cessione potrebbe essere “esentata” ai sensi dell’articolo 58 Dl 331/1993, restando non imponibile la successiva vendita al cliente greco (articolo 41).

In assenza d’indicazioni ufficiali, tuttavia, le condivisibili conclusioni raggiunte dalla Corte di giustizia potrebbero non considerarsi estendibili al diverso caso in cui un soggetto stabilito in Italia effettui una (semplice) cessione verso un’impresa Ue, ad esempio francese, dato che che la sentenza non si esprime sulla possibilità di effettuare una triangolazione coinvolgendo l’eventuale posizione Iva dell’operatore italiano in un altro Paese Ue, Spagna in ipotesi (secondo lo schema: It – rappresentante fiscale di It in Spagna – Fr), ma in presenza di due soli “veri” soggetti passivi.

Parrebbe invece ammissibile, almeno in taluni Paesi Ue (Cbr 2014/10), la possibilità di spezzare la (semplice) cessione intracomunitaria in una cessione intracomunitaria assimilata verso se stessi seguita da una vendita domestica nel Paese di arrivo dei beni (secondo il modello: Ue1 – rappresentante fiscale di Ue1 in Ue2 – Ue2).

La posizione delle Entrate

Questa ultima soluzione sembrerebbe avallata anche dall’agenzia delle Entrate (circolare 36/E/2010). È stato infatti affermato che la società estera con sede in uno Stato comunitario (che è lo Stato da cui proviene la merce acquistata) può cedere un bene a un cliente italiano, soggetto passivo d’imposta, per il tramite del proprio rappresentante fiscale in Italia, il quale realizza il precedente acquisto intracomunitario assimilato. In questo caso, il cliente nazionale dovrà comunque integrare il documento “proveniente” dalla partita Iva Ue (risoluzione n. 21/E/2015).

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