Controlli e liti

Per la voluntary serve un meccanismo a regime

di Antonio Tomassini


La proroga al 2 ottobre (per ora solo annunciata e in attesa di pubblicazione in «Gazzetta Ufficiale») per la presentazione delle istanze relative alla voluntary disclosure-bis ha il chiaro intento di intercettare più aderenti a una procedura che non riesce a decollare ed è ancora lontana dal target di 1,6 miliardi di euro di incassi stimati dal governo. Nelle ultime settimane c’è stato un incremento delle adesioni dovuto, come spesso accade, alle varie indagini fiscali e anti riciclaggio che agenzia delle Entrate e guardia di finanza stanno conducendo nei confronti di chi continua a detenere asset esteri non regolari. Tuttavia se si vuole davvero tentare di trasformare la voluntary «2.0» in un successo come fu la prima disclosure (che ha avviato una vera rivoluzione culturale nei rapporti fisco - contribuenti cui i nuovi vertici dell’agenzia bene farebbero ad ispirarsi), occorre introdurre delle modifiche normative. Vi sono modifiche da attuare nell’immediato e modifiche sistematiche che guardano oltre la disclosure.

Le modifiche nell’immediato dovrebbero interessare innanzi tutto la regolarizzazione del contante italiano (ovvero l’incredibile massa di banconote in circolo stimata tra i 100 e i 150 miliardi). Occorre andare verso una forfettizzazione dell’imponibile (non dell’imposta, come ipotizzato tempo fa) basata su indicatori da individuare con un decreto direttoriale dell’agenzia e poi definita in contraddittorio (professione del contribuente, indici di reddivita’, ecc.) e su una rinnovata fiducia verso la dichiarazione sostitutiva del contribuente medesimo. Per monitorare i capitali anche post regolarizzazione si potrebbe pensare a conti vincolati gestiti da fiduciarie iscritte all’elenco ex 106 del Tub e alla possibilità di sottoscrivere social bond per un determinato lasso temporale. Per stimolare l’adesione degli imprenditori si potrebbe poi pensare ad introdurre dei benefici (potrebbe essere una superAce) nel caso di impiego delle somme in attività imprenditoriali.

L’altra modifica dovrebbe riguardare la limitazione dei benefici circa la non applicabilità del raddoppio di termini e sanzioni alle sole attività detenute in Paesi che al 24 ottobre 2016 avessero già in vigore una convenzione che prevedesse lo scambio di informazioni. I vantaggi infatti potrebbero essere estesi a tutti i Paesi che ad oggi abbiano sottoscritto un accordo della specie, ancorché non ancora in vigore. Questa modifica incentiverebbe, tra l’altro, i potenziali aderenti che detengono capitali a Panama.

Guardando oltre, invece, si potrebbe pensare di stabilizzare la voluntary trasformandola in un istituto a regime, come ad esempio è in Francia o negli Stati Uniti. Si potrebbe unificare e coordinare la procedura con il ravvedimento (magari semplificandone i meccanismi e i calcoli sanzionatori). Peraltro prevedere a regime una non sanzionabilita’ penale a determinate condizioni di alcune condotte attenuerebbe le censure dei giudici comunitari per violazione del divieto del ne bis in idem che spesso riguardano il nostro sistema (in crisi) di doppio binario sanzionatorio amministrativo e penale.

Ciò significherebbe sistematizzare anche lo spirito della collaborazione volontaria, che è quello di consentire ai contribuenti di uscire dall’anonimato ed avviare un percorso di reciproca collaborazione con lo Stato. Dopo i passi in avanti con la voluntary «1.0» e quelli in materia di certezza del diritto grazie all’introduzione per le aziende dell’interpello sui nuovi investimenti e della cooperative compliance è auspicabile che si introduca anche (all’inizio su base facoltativa e solo per i grandi patrimoni) la cooperative compliance delle persone fisiche. Il contribuente dovrebbe poter agevolmente accedere a formule di accordo preventivo che individuino regole certe ad esempio su come ricorrere a strumenti di protezione patrimoniale e passaggio generazionale tendendo, per l’effetto, a essere incentivato a fornire una fotografia completa dei propri averi, una sorta di dichiarazione dei patrimoni da affiancare a quella dei redditi, semplificandone i contenuti. Già l’interpello avente ad oggetto la fonte e la natura dei redditi previsto nel regime dei neo residenti è una prima apertura e in sede ocse si parla di compliance delle persone fisiche sin dal documento del maggio 2009, “Engaging with high net worth individuals on tax compliance”, quindi i tempi per questo scatto in avanti sembrano ormai maturi.

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