Controlli e liti

Permute a catena con prelievo ordinario

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di Angelo Busani

Anche la permuta “a catena” deve essere tassata, ai fini dell'imposta di registro, come una permuta “ordinaria”, vale a dire pagando l’imposta di maggiore entità tra quelle astrattamente applicabili ai trasferimenti di cui la permuta si “compone”. Lo decide la Ctp di Pesaro nella sentenza 236/1/2018, del 28 marzo scorso (presidente e relatore Fanuli), priva di precedenti editi.

Esemplificando, la permuta “ordinaria” è quella che si ha nel caso in cui Tizio trasferisce a Caio il bene Alfa e Caio, reciprocamente, trasferisce a Tizio il bene Beta. Se al trasferimento da Tizio a Caio è astrattamente applicabile l’imposta di registro di 12 e al trasferimento da Caio a Tizio è astrattamente applicabile l’imposta di registro di 16, il contratto di permuta si registra pagando 16 (e non 12; e non 12 + 16).

E questo, in dipendenza dell’articolo 21, comma 2, della legge di registro (il Dpr 131/1986) per il quale quando un contratto contiene più “disposizioni” che abbiano una loro naturale e instrinseca connessione, l’imposta di registro si assolve appunto tassando la “disposizione” di maggior costo fiscale e non applicando alcuna tassazione all’altra “disposizione”.

Viceversa, se l’atto presentato alla registrazione contiene una pluralità di “disposizioni” non caratterizzate da una loro intrinseca connessione, ciascuna di esse subisce una propria, individuale, tassazione: ad esempio, è il caso di Tizio che, con un solo atto, vende a Caio il bene Alfa e a Sempronio il bene Beta (qui ci sono due compravendite). Oppure, è il caso della banca Dollaro che concede un mutuo a Mevio, il quale concede, nello stesso contesto, un’ipoteca alla banca Dollaro a garanzia delle restituzione del capitale mutuato (qui ci sono un mutuo e una concessione di ipoteca).

Ci si pone dunque il tema della tassazione della cosiddetta permuta “a catena” e cioè il negozio plurilaterale che viene stipulato in considerazione del fatto che Tizio, Caio e Sempronio convengono uno schema del tipo:
• Primo trasferisce a Secondo il bene Alfa;
• Secondo trasferisce a Terzo il bene Beta;
• Terzo trasferisce a Primo il bene Gamma.

In sostanza, il Primo dante causa non riceve l’attribuzione corrispettiva dal suo avente causa (Secondo); ma la riceve da altro soggetto (Terzo), il quale, a sua volta, ha beneficiato di un trasferimento effettuato dall’avente causa del Primo dante causa. Ebbene, sono tre trasferimenti tutti individualmente e autonomamente tassabili oppure è un negozio che si presta a essere inquadrato nell’ambito della norma che consente di applicare l’imposta di registro «come se l’atto contenesse la sola disposizione che dà luogo alla imposizione più onerosa», la quale si applica a patto che le «disposizioni contenute nell’atto derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre».

La risposta della Ctp di Pesaro è affermativa, in quanto, pur se non esista la reciprocità di attribuzioni (da Tizio a Caio; da Caio a Tizio) propria della permuta “ordinaria”, nella permuta “a catena” vi è comunque una situazione di “necessaria derivazione” dei trasferimenti da essa disposti per ragioni di “intrinseca natura” del negozio che viene stipulato: infatti, Primo non trasferirebbe a Secondo se non ricevesse da Terzo; e Secondo non trasferirebbe a Terzo se non ricevesse da Primo, eccetera. In altri termini, ciascuno dei trasferimenti convenuti “a catena” non sopravvivrebbe in mancanza degli altri: ed è questa la “prova” che è azzeccata l’applicazione dell’articolo 21, comma 2, Dpr 131/1986 a questa fattispecie.

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