Controlli e liti

Più peso ai valori Istat per ricostruire il reddito

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di Dario Deotto e Luigi Lovecchio

Aumenta il peso delle spese figurative Istat nella bozza del nuovo redditometro, con buona pace dei rilievi del 2013 del Garante della Privacy.

Il dipartimento delle Finanze ha pubblicato in consultazione sul proprio sito lo schema di decreto sul redditometro destinato a sostituire l’abrogato decreto del 16 settembre 2015, a decorrere dai controlli del 2016. Per comprendere il quadro di riferimento, occorre tuttavia ricordare che la versione iniziale del precedente redditometro era stata profondamente rivisitata alla luce dei rilievi mossi dal Garante della Privacy sull’utilizzo massivo delle spese figurative determinate sulla base dei dati Istat.

In particolare, il precedente decreto era articolato su:

1. spese effettive, compresi gli incrementi patrimoniali;

2. spese per elementi certi, fondate sulla disponibilità di beni e servizi valorizzate, in assenza di dati specifici, sulla base dei consumi medi Istat;

3. quota di risparmio.

Le spese per elementi certi derivanti dai valori Istat sono state per l’appunto censurate dal Garante in quanto ritenute troppo invasive della sfera personale del contribuente. Questi, infatti, al fine di sottrarsi alla presunzione accertativa, avrebbe dovuto documentare i consumi effettivi manifestando scelte che appartengono alla vita privata degli individui e sottoponendosi così ad un irragionevole onere di conservazione documentale. Alla luce di tali rilievi, pertanto, le spese per elementi certi, valorizzate con i dati Istat, sono alla fine rimaste solo quelle riferite ai consumi di acqua, alla manutenzione ordinaria della casa e alla manutenzione delle auto.

Nel testo in consultazione, invece, pur mantenendosi la tripartizione precedente (spese effettive, spese per elementi certi e quota di risparmio), si assiste a una moltiplicazione dei valori Istat. Alle tipologie sopra ricordate, già presenti nel decreto del 2015, si sono aggiunte, tra l’altro, le spese per l’istruzione, per alimenti e bevande, per abbigliamenti e calzature e quelle per trasporti pubblici. Sembra però evidente come tale impostazione sia destinata inevitabilmente a confliggere nuovamente con le indicazioni del Garante della Privacy. Appare inoltre per la prima volta il riferimento a spese considerate necessarie per conseguire «uno standard di vita minimamente accettabile» (cosiddetta «soglia di povertà») che vengono anch’esse misurate attraverso i criteri Istat, applicati a ciascuna tipologia di nucleo familiare di appartenenza.

La bozza di decreto si occupa inoltre della «prova contraria» del contribuente, presupponendo che lo strumento accertativo in esame generi una presunzione legale relativa. Così tuttavia non è, anche in considerazione del fatto che esso richiede un doppio contraddittorio preventivo con la parte, prima dell’emanazione dell’atto impositivo.

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