Imposte

Possibile passare dal regime di cassa al forfettario

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di Paolo Meneghetti

Gli intrecci tra il regime forfettario ex legge 190/14 e il regime semplificato di cassa generano spesso dei dubbi ai contribuenti, alle prese con scelte contabili e vincoli triennali che non sempre risultano di facile applicazione.

Potremmo partire da un principio generale che è codificato dal Dpr 442/1997, articoli 1 e 3, in cui si afferma che l’opzione per un regime di determinazione dell’imposta deriva soltanto dal comportamento concludente tenuto dal contribuente stesso e che la scelta ha una durata minima di tre anni.

In questo senso, già desta perplessità la risposta fornita dall’agenzia delle Entrate nei giorni scorsi, affermando che nel passaggio dalla contabilità ordinaria a quella semplificata per cassa si genera un vincolo di durata triennale nel regime di cassa.

La risposta non sembra del tutto condivisibile, poiché la sola opzione che è possibile eseguire è verso un regime diverso da quello naturale; e l’unica possibilità che un’impresa passi dal regime ordinario a quello di cassa risiede nel fatto che il volume di ricavi dell’anno precedente sia inferiore ai tetti per l’applicazione del regime ordinario. In questo scenario non si esegue alcuna opzione: dunque non è chiaro il motivo per cui la stessa impresa sarebbe vincolata a restare in regime di cassa per un triennio.

Il caso più frequente riguarda comunque i possibili intrecci tra semplificato di cassa e forfettario.

A tal proposito, un problema da risolvere si presenta già in sede di apertura dell’attività. Nel primo anno, infatti, non si può avere alcun dato riferito all’anno precedente: come fa allora il contribuente a sapere qual è il suo regime naturale, tra semplificato o forfettario?

Sul punto è importante segnalare un passaggio della circolare 11/E/2017 in materia di regime di cassa, che può assurgere a principio generale: si afferma che un soggetto che inizia l’attività applica il suo regime naturale se è in possesso dei requisiti previsti per legge, senza doverlo comunicare in alcun modo alle Entrate. Ora immaginiamo un contribuente che inizia l’attività: come può sapere se è in possesso dei requisiti per accedere al regime semplificato di cassa, che consistono nel non superare ricavi pari a 400mila euro per prestazioni di servizi e 700mila euro per altre attività? Tali presupposti, iniziando l’attività, non possono che essere previsti. Ma cosa accade se poi a fine anno non vengono rispettati?

Poniamo il caso di un commerciante che, avviando l’attività il 2 gennaio 2018, prevede di incassare nello stesso anno 55mila euro e quindi ritiene di appartenere al regime naturale di cassa; ma poi a consuntivo incassa ricavi per 45mila euro e scopre che in realtà il suo regime naturale sarebbe stato quello forfettario. Se nel 2018 quel commerciante ha gestito l’Iva nei modi ordinari, quel comportamento lo vincola a restare “semplificato” per tre anni fino al 2020? Si ritiene che la risposta sia negativa, poiché il comportamento tributario tenuto è conforme al regime naturale previsto, per cui dal 2019 egli dovrebbe transitare di diritto al regime forfettario. Se nel 2019 continuerà a gestire l’Iva nei modi ordinari, allora sì quella sarà una vera e propria opzione che lo vincolerà a restare nel regime di cassa per tre annualità.

Ovviamente il punto delicato di questo ragionamento è come provare che si riteneva di appartenere al regime semplificato, quando invece a consuntivo i ricavi deporrebbero per il regime forfettario. Al riguardo un suggerimento sembra essere quello di compilare – sempre nel modello AA9/12 – il dato del volume di affari presunto (anche se le istruzioni limiterebbero la compilazione al caso di regimi speciali Iva), potendo così provare, a posteriori, che la previsione iniziale era di appartenere al regime naturale di cassa.

Altro intreccio delicato – come nella circostanza esposta nel quesito – si ha quando il contribuente, già in attività da anni, ha applicato nel 2017 il regime semplificato di cassa (quale suo regime naturale) facendo l’ opzione prevista dall’articolo 18, comma 5, del Dpr 600/73: scelta che vincola per tre anni e che consiste nel sostituire la rilevanza della data di pagamento e di incasso con la data di annotazione del documento. Cosa accade dunque se a fine 2017 egli incassa (nel senso che annota) ricavi inferiori alla soglia per il regime forfettario? Il vincolo triennale gli impedisce l’accesso al regime forfettario?

Si ritiene che la scelta di cui all’articolo 18, comma 5, del Dpr 600/73 sia vincolante fintanto che dura il regime semplificato, ma che non inibisca il passaggio a quello forfettario (anche prima del triennio) qualora i ricavi scendano sotto la soglia dello stesso forfettario e – logicamente – siano presenti tutti gli altri requisiti di legge previsti per questo regime.

Tale conclusione è avvalorata dal fatto che l’opzione di cui all’articolo 18 non è un’opzione per regime di determinazione dell’imposta, ma soltanto per una modalità di gestione contabile.

VEDI IL GRAFICO: Tra forfait e semplificato

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