Contabilità

Postergazione del credito, competenza al tribunale fallimentare

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di Andrea Taglioni

Spetta al tribunale fallimentare e non a quello delle imprese decidere sulle sorti della postergazione del credito vantato dal socio nel caso in cui la società finanziata sia stata dichiarata fallita. Pertanto l’azione del curatore, rivolta alla richiesta di restituzione delle somme a seguito del precedente finanziamento effettuato dal socio nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, deve essere devoluta al giudice che ha dichiarato lo stato di insolvenza.
È quanto ha stabilito la Sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza 25163, depositata il 24 ottobre 2017.
A seguito dell’azione proposta dalla curatela fallimentare, con cui veniva avanzata la richiesta della restituzione delle somme rimborsate al socio della società fallita nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, il Tribunale adito dichiarava la propria incompetenza, ritenendo, visto che la materia del contendere concerneva i rapporti societari, la competenza della sezione del Tribunale specializzata in materia di impresa.
Con l’unico motivo di ricorso veniva censurata la sentenza impugnata nella parte in cui, in relazione all’operatività della postergazione, i giudici non avevano considerato che il presupposto dell’azione finalizzata alla restituzione del finanziamento nasceva proprio dal fallimento della società partecipata.
Secondo la Suprema Corte, diversamente da quanto stabilito dalla decisione impugnata, la ratio della subordinazione del credito del socio a quello del terzo creditore non può prescindere dal momento in cui si rende operativa la postergazione.
Questa, infatti, prima del fallimento, opera affinché il rimborso dei conferimenti dei soci fatti a favore della società non sia utilizzato come forma di finanziamento diverso dall’apporto di capitale di rischio.
Ma è chiaro che l’intervenuto fallimento determina la restituzione delle somme qualora il rimborso del finanziamento fosse stato fatto nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento.
Per la Corte, quindi, è solo con il fallimento che nasce il presupposto per l’azione restitutoria e che legittima il curatore, in rappresentanza della massa dei creditori, a proporre l’azione presso il tribunale fallimentare.
Vi è da dire, infine, che con la legge delega di riforma del diritto fallimentare il legislatore ha individuato nei tribunali sede delle sezioni specializzate in materia di impresa la competenza sulle procedure relative alle imprese in amministrazione straordinaria e ai gruppi di imprese di rilevante dimensione.

La sentenza 25163 della Cassazione

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